Non c’è niente di più intimo della notte. Tutti gli aspetti di ciò che siamo, sogniamo e le cose che ci fanno paura, assumono un altro significato al buio, quando dimentichiamo i tratti superficiali e lasciamo che tutti risulti per ciò che è senza cambiarne le apparenze. La noia e la nostalgia delle periferie si attacca addosso, nel racconto di una generazione incapace di esprimere e sentire le proprie emozioni.
“BAMBINI MOLOTOV”, il nuovo EP di Zeta, è un viaggio attraverso questi luoghi, queste sensazioni, questa noia. Un rincorrersi frenetico di immagini sporcate da un contesto urbano, da una città vuota e piena di luci che si spengono, quando tutti dormono e nessuno fuori ci sente.
Una raccolta di 6 brani che ci siamo fatti raccontare traccia dopo traccia direttamente dal giovane cantautore di Palermo
RAGNATELA
“Ragnatela” è nata circa un anno fa con Polezsky e Kang Brulée. Ragnatela segna l’inizio di un viaggio musicale che unisce sonorità urban e indie pop, dando vita ad un’atmosfera scura e reale. “Ragnatela” è un brano notturno, dove il rincorrersi è presente come un talismano. Credo che questa parola e la sensazione di fuggire sia ricorrente in tutte le tracce del progetto. Un punto di partenza e di fine. Scappare da qualcosa per poi caderci di nuovo e ricominciare da capo.
LUNA
Non ci sarebbe stato nulla se non fosse stato per “Luna”. Brano scritto nel novembre scorso e pubblicato come primo singolo del progetto, nasce in un momento disperato dove non sapevo cosa fare, di cosa parlare e che strada prendere. “Luna” è stata essenziale, dandomi delle immagini e dei colori che mi sono servite a capire i sentimenti di cui volevo parlare. Uno storytelling urbano intrecciato tra palazzi, sguardi e pusher innamorati. Un cerchio di luna che ci mostra che restare a fissarla desiderando di cambiare non serve poi a tanto.
BUCCIA
“Buccia” è uno dei miei pezzi preferiti. Nato per caso insieme a Fenoaltea e Kang mi ha colpito da subito tanto da scrivere la sera stessa. Non so definirlo bene su un piano musicale, ha delle influenze baile e cantautorali, urban e pop. Non racconta neanche di me ma nonostante questo riesce a farlo perfettamente. La paura di scoprirci e sbucciarci è l’unica cosa che ci rende chi siamo, il nasconderci costante ci confonde e ci fa sentire in bilico. Per parlare degli altri devo prima conoscere me stesso ma parlare di altri è l’unico modo che ho per farlo.

LUCI ELETTRICHE
Intorno a luci che fissi, sotto i riflessi di una centrale elettriche, schiacciato dalla città dove tutto brilla e ogni cosa sembra così facile, così raggiungibile. Queste è l’immagine che avevo quando ho scritto “Luci Elettriche”, nata a Catania insieme a Whellele racconta dell’illusione. Della frenesia che abbiamo di brillare di rincorrere queste lucciole di metallo, del sentirci schiacciati da qualcosa che non possiamo controllare. Dall’alto sembriamo così piccoli eppure continuiamo a fissarle a lasciarci distrarre, a cercare una strada che non troviamo a inseguire una città che non ci appartiene.
ALICE+
“Alice+” insieme a “Ragnatela” è una delle prime canzone che ho scritto. Kang abitava ancora a Torino e a volte capitava che andavo da lui per scrivere qualcosa. Era appena iniziato Settembre, Alice l’avevo scritta a Luglio ma sapevo già della sua potenza, sentivo già in lei qualcosa di speciale. Abbiamo chiuso il pezzo in un pomeriggio senza perderci troppo nella forma e ne siamo stati subito convinti tanto che non l’abbiamo mai cambiato. Le registrazioni sono ancora quelle, fatta nel salotto di Davide, con la finestra aperta e i rumori della strada.
Dopo averla pubblicata tante persone mi hanno scritto sentendosi capite, rappresentate. Non so se per via del nome o per qualcos’altro, ma mi ha fatto riflettere su quanto siano grandi e possibili le connessioni con altri esseri umani, quanto siamo incredibilmente legati uno all’altro da qualcosa che neanche conosciamo.
BAMBINI MOLOTOV
“Bambini Molotov” è l’ultimo pezzo del progetto e anche il brano che da nome a tutto. Una delle mie canzoni preferite e una delle canzoni più belle che ho scritto. Nata in un casolare dentro un campo dopo una giornata passata a scrivere senza riuscire a tirare fuori nulla. “Bambini Molotov” parla di noia, di periferie, di campi. Di bambini incandescenti pieni di disagio che finiranno per esplodere per prendere fuoco. Parla di quello che siamo, della voglia di scoprirci. Di questa strada che non so dove porta ma da qualche parte lo fa e questo è l’importante.

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