DEEP DIVE TRACKS: Interiorama – Selva

“Selva” è il nuovo LP degli Interiorama: un viaggio tra terra e spirito, un disco che celebra la musica come rito collettivo. Abbiamo chiesto al trio toscano nato in Costa Rica di raccontarci tutti i brani che compongono il loro album, sviscerandoli dal punto di vista dell’autore.


1. La Sangre (feat. Unadasola)
Un brano che pulsa come linfa primordiale. Il groove è ipnotico, tribale, avvolgente: una marcia rituale dentro la selva interiore. Il ritmo costante e i dettagli elettronici creano un senso di trance collettiva. Suona come un richiamo antico, ma con una sensibilità elettronica e urbana. Un cammino interiore tra la stanchezza e il desiderio di rinascita. La città succhia energia, ma tra foglie e stelle lucenti si fa strada una resilienza poetica. “La Sangre” è un inno all’identità, al riconoscersi nel proprio ritmo profondo nonostante il peso sociale. Il beat e il testo si intrecciano in una danza dolente e piena di luce.

2. Radicao
Un brano meditativo ma potente. “Radicao” è come un inno sussurrato alla resistenza delle radici: suona come un paesaggio che si muove lentamente, tra sospensioni dub, vibrazioni profonde e una voce che si fa eco, mantra, preghiera laica. Il titolo gioca tra “radici” e “radicamento”, evocando una condizione tanto fisica quanto esistenziale. Parla di stabilità nella tempesta, di crescita lenta, della forza invisibile che ci tiene connessi alla terra e agli altri. È un elogio all’identità che non si sradica ma si espande.

3. Cumbia de Guardistallo (feat. Popolo delle Meraviglie)
Solare e obliqua, mistica e popolare. La “Cumbia de Guardistallo” (che vi avevamo presentato in anteprima) è un inno futurista: un ballo in bilico tra la festa di paese e l’estasi da dancefloor tropicale. Porta addosso il profumo dei cipressi e del mare toscano, ma si muove su beat che parlano latinoamericano. È una dedica a un luogo reale e immaginario allo stesso tempo: Guardistallo, piccolo borgo toscano diventa spazio simbolico dove si incontrano tradizione e collettività. Un elogio all’ibridazione: tra culture, suoni, tempi e diversità Una cumbia ibrida che fa convivere radici e sperimentazione.

 

 

4. Poesia
Intima, spirituale, dilatata. “Poesia” è una preghiera laica in forma di cumbia-dub Il ritmo è morbido ma avvolgente, la voce si fa invocazione, la musica un tappeto su cui scorrono immagini dense. È il momento più lirico del disco, quello che sospende la danza per far spazio alla parola. Una poesia-manifesto che raccoglie in sé la lotta, il dolore e la speranza. La voce è quella di un guardiano della terra, ribelle e curatore al tempo stesso, che semina storie e sogni senza confini. Un brano profondamente politico e spirituale, che mette in dialogo Pachamama, l’identità collettiva e la cura. La nostra dedica a Pepe Mujica.

5. Paso a Paso
Una marcia lenta, quasi spirituale. “Paso a Paso” si muove con determinazione gentile, tra percussioni morbide e synth sospesi. C’è un’aria notturna, vagamente malinconica, che accompagna un percorso personale, interiore, a tratti solitario ma sempre fertile. Un processo di guarigione e riappropriazione, scandito dal tempo lento del corpo. “Paso a paso” racconta la resilienza dopo l’inverno, la ripresa del respiro, il coraggio di affrontare il maltempo con il petto aperto. Ritmica ipnotica e parole minimali per un viaggio intimo e universale.

6. Sientate
Seduto sulla sabbia, lo sguardo si alza verso un altrove possibile. Le onde raccontano storie che non sempre si comprendono, ma che si sentono vibrare nel corpo. “Sientate” è contemplazione e desiderio di una vita senza confini. “Seduto” non come immobilità, ma come ascolto. Il brano invita a rallentare per osservare, per sentire, per stare nel momento. È una riflessione sul non agire, sull’attesa, sul raccoglimento come gesto rivoluzionario in una società ossessionata dal fare.

 
tutte le foto: Diana Nicolini

 

7. San Isidro
Mistico, rurale, denso. “San Isidro” suona come una processione psichedelica nei campi: il ritmo è lento ma possente, la melodia si muove come un canto popolare reinterpretato attraverso filtri acidi ed elettronici. Un rito agricolo che si fa trance.Un omaggio alle radici afro-latine e contadine, alla terra di Birongoal suo cacao e ai suoi tamburi. Il richiamo a San Isidro diventa un canto di festa, preghiera e memoria storica, che intreccia agricoltura, spiritualità e lotta. Un brano che fa ballare e riflettere, col cuore nel sud del mondo.

8. 20:18 (feat. Ratlock)
Evocativo, malinconico, sospeso nel tempo. “20:18” è come una vecchia videocassetta ritrovata nella polvere: immagini sbiadite, ma emotivamente potenti. Il brano ha l’aria di una cartolina sonora, con un groove dilatato e una melodia nostalgica che sembra parlare direttamente alla memoria. “20:18” rimanda a un anno, un periodo, forse un evento. È una dedica criptica, personale, lasciata intenzionalmente aperta. Può essere il ricordo di un amore, di un’esperienza, di una fase di vita. La traccia lavora sulla memoria come fonte creativa, tra suono analogico ed emozione compressa. Sentire il tocco del respiro, ogni cosa a suo tempo, c’è sempre un inizio, un centro e una fine. Tutto è scandito in un tempo.

 
9. Orzo Rebajada
Lenta, decomposta, ipnotica. “Orzo Rebajada” è una cumbia che ha mangiato e si è sdraiata al sole. Una traccia ironica, psichedelica e chill, che prende la lentezza del rebajado (genere musicale messicano che rallenta i brani) e la mischia a un’estetica rurale, toscana, quasi umoristica. Una chiusura perfetta per un viaggio che non si prende troppo sul serio.Il titolo è un cortocircuito affettuoso tra memoria e ritmo. Nasce da una melodia archetipica della TV italiana anni ’70, trasformata in una spirale ipnotica, rallentare la musica fino a farla diventare sogno, visione, nostalgia liquida. È un esercizio di rallentamento radicale, dove l’infanzia si mescola alla psichedelia tropicale. Una traccia che vibra di lentezza lucida e senso del gioco, capace di evocare mondi lontani senza mai nominarli.
 

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