“L’illusione di qualcosa d’importante” è l’EP d’esordio di Derri, un progetto che fa della sperimentazione e dell’esplorazione di sé il proprio fulcro. Abbiamo chiesto al cantautore monzese di raccontarci tutti i brani che compongono il suo debutto discografico, sviscerandoli dal punto di vista dell’autore:
L’intro dell’EP è l’invito di Derri a chi ascolta e lo trova in una nuova veste. Come quando si è assorti sulla metropolitana, l’ordinario di tutti diventa per ciascuno epica e poesia. In questo caso saliamo sul treno del cantautore.
È il primo esempio dell’illusione di qualcosa d’importante: quella che si chiede all’ascoltatore.
Bendiamoci le mani prima di toccarci l’anima”
Si entra nel vivo con un brano pop dance apparentemente ingenuo e frizzante, che parla della paura di innamorarsi e l’incapacità di evitarlo. L’illusione è quella di credere di non cascarci: l’epilogo è scontato. L’illusione è anche quella di trovarsi di solito a un semplice brano pop quando nasconde molto di più.
Ma la miccia è corta, passo fra i detonatori
Basta una carezza, forse solo mezza
E con il piede toccherò i bottoni”
I colori pastello del brano precedente cominciano a incontrare una sfumatura e una tematica più tetra e un’inclinazione più pop rock. La paura di innamorarsi diventa quella di non essere abbastanza e di cadere nei soliti errori. Ogni elemento sembra intonare un piccolo requiem, per quanto il risultato rimanga quella che è, ancora una volta, una hit solo all’apparenza.
“È stato molto peggio che dentro ai miei brutti sogni
Passar dalle carezze alle manate sulle tempie”
L’emotività crescente porta alla distorsione: le voci pitchate si uniscono tra loro per creare un tappeto dove il dialogo si confonde tra esterno e interno. Dentro a un’atmosfera da caverna Lo-Fi, si consuma il lamento di chi si trova a fare i conti con l’illusione di aver scambiato per amore quella che è manipolazione. I dubbi si fanno più chiari. La strada punta a una solitudine dolorosa ma risolutiva.
Dilapidi ogni parola che doveva stare segreta”

In questa ballad urban una voce pulita si fa strada dal rumore di Armageddon dicendo a quella precedente di smetterla di parlare. È la luce di un’illusione sana: quella di un bambino che crede di essere dentro a una storia speciale dove i difetti diventano poteri e i dolori delle belle storie da raccontare, in primis a se stesso. Il brano è lungo e ricco di metafore e ricorda un mantra indiano capace di portare a uno stato di trance meditativa immaginifica. Solo l’inaspettato solo di chitarra finale sveglia dall’immersione per portare alla fine del lavoro, dove regna la leggerezza dell’animo.
“Ti prego questa volta smetti di parlare
Anche se può sembrare come togliere la musica
Proprio sul suo più bello”
L’ultimo brano è un inno al lasciare andare, di vedere le cose dall’alto per osservarle con un sentimento di distacco compassionevole. Ercole è una ballad che sembra suonare tra le nuvole, in un’atmosfera di speranza.
“Io sono stanco di pregare
Di aspettarti per capire il da farsi
È l’illusione di qualcosa d’importante
Che ha trasformato la mia vita in distrarsi”

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