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«Ho fatto tardi» di Jack The Smoker, un altro disco che dà speranza

Avevate voglia di un po’ di rime fatte come si deve? Sentivate l’esigenza di un sound crudo, di contenuti e spunti di riflessione in mezzo al marasma di tunca-tunca, raggaetton e influencer che si improvvisano cantanti? Beh, Jack The Smoker è quello che fa per voi. Lui dice Ho fatto tardi, ma come si suol dire? Meglio tardi che mai. 

I fan dello zio Smizy, infatti, hanno dovuto attendere ben quattro anni prima di vedere il fumatore droppare un nuovo album (l’ultima uscita fu quella di Jack Uccide nel 2016). Nel 2020, Jack ci presenta un lavoro forse più strutturato e profondo e si colloca in un momento storico in cui si avverte l’esigenza di un pensiero che buchi il velo di superficialità che fino ad ora ci è stato imposto. Così facendo Jack si riconferma portavoce di un rap che dà più importanza al testo e che ci auguriamo stia tornando in voga.

Jack The Smoker, all’anagrafe Giacomo Giuseppe Romano, classe ’82 è ormai da considerarsi un veterano nella scena rap, sia da rapper che da beatmaker. Presente da ormai vent’anni, prima nel duo La Creme (in collaborazione con Mace) dal quale venne fuori L’alba, ormai diventato cult tra gli amanti del genere, fino ad arrivare ad oggi nel collettivo Machete che ormai tutti (anche i meno appassionati) conoscono. Insomma, uno di quelli che se ti piace ‘sta roba da rappusi non puoi permetterti di non prendere in considerazione

Ho fatto tardi presenta 13 tracce che regalano un’omogeneità complessiva del suono donando una forte identità all’album, e già questo è un buon motivo per apprezzarlo – dato che i dischi rap che escono in Italia ultimamente sembrano più una raccolta di singoli diversi tra loro che veri e propri universi in cui gettarsi all’ascolto. Il sound tuttavia non è niente di nuovo, quello aggressivo e ormai iconico della Machete in cui dominano i bassi cupi e le casse martellanti. Rimane il fatto che nonostante il numero dei produttori sia persino superiore a quello dei rappers, variando dal più classico ma versatile Big Joe al più fresco Low Kidd, si ha l’impressione di avere a che fare con un lavoro di un unico timbro. 

Riguardo i featuring, immancabile Dani Faiv, pupillo di Jack The Smoker, presente in ben due brani (Fashion week e Jetlag) nei quali viene criticata umoristicamente la cultura superficiale dell’immagine che domina oggi; prevedibile ma appropriato anche Nitro sul ritornello di Che si fa?, brano che rispecchia l’impronta di contro-tendenza del disco e che ricalca bene il modo di vedere le cose dello stesso Nitro nei suoi dischi.  Un’altra voce ormai gettonatissima è quella di Lazza che insieme allo storico Jake la Furia dà vita al banger del disco (Mister), brano che a detta di Jack rappresenterebbe la scuola di Milano a cui il trio appartiene. Con Madman ritroviamo il momento della sana ignoranza accompagnata dall’accuratezza tecnica di entrambi gli artisti, sto parlando di No McDonald’s, titolo che mi ha ricordato la famosa barra “Ti do la merda come fosse buona: Ronald Mad Donald” nel brano Fiero di me del lontano 2011, featuting dei due insieme a Gemitaiz che stranamente stavolta non compare tra le collaborazioni.  Infine troviamo Izi che ultimamente sembrerebbe essere poco attivo nella scena, ma che ha sempre trovato spazi floridi nella Machete; il pezzo è quello che conclude il viaggio (Nuvole), traccia nostalgica che ricorda i tempi in cui la vita poteva sembrarci interessante anche senza avere soldi e catenazze da mostrare sui social.

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Un po’ tutto il disco affronta questa tematica con occhio critico e polemico, e sembra quasi superfluo dire che se ne avverte il bisogno. In un’epoca in cui la maggior parte dei rapper (e ad alcuni di loro sembra anche scorretto dare questo appellativo) non fanno altro che ostentare le loro ricchezze, Jack The Smoker inizia la strofa di Che si fa? dicendo: “Per restare calmo ci vuole un atto di fede, quest’anno ho fatturato meno del gatto di Fedez”, facendoci sorridere e riportandoci alla memoria la vecchia scuola in cui si faceva a gara a chi era più povero invece che il contrario. Due estremi da condannare entrambi, certo, ma a dircelo è più volte lo stesso Jack, collocandosi in una posizione anticapitalistica senza voler fare il pezzente che puzza di croste di formaggio: “Preso male quando il soldo manca, però non invidio dove abbonda”, consapevole che quello in cui viviamo è un mondo che gira intorno alla moneta, come sostiene in Euro, brano prodotto da Strage, in cui si scorge anche un po’ di rap-politica dal sapore delle tematiche che il rapper affrontò in passato nel disco V.ita.

Il disco, inoltre, alterna momenti di critica sociale a quelli più riflessivi dove Jack si mette a nudo come stesse tenendo un’auto-seduta di psicanalisi, così da non scadere nel monotematico. Paradigmatici sono pezzi come Torna Su in cui ripensa all’infanzia ed Una come te che è il pezzo love dell’album, quest’ultimo prodotto dallo storico collaboratore Mace e da Venerus che sembrano formare sempre più un vero e proprio duo. 

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Tirando le somme non è difficile percepire Ho fatto tardi come un progetto vero ed autentico, in cui Jack The Smoker espone senza filtri il suo punto di vista sul mondo e cicatrizza le sue ferite attraverso la musica.  Mi sento di dire che Ho fatto tardi può benissimo essere catalogato tra quegli album da veterani (basti vedere gli ultimi lavori di Fibra, Marra e Gué Pequeno) che stanno tornando a conferire credibilità e spessore a questo genere. Il rap è di natura stagno riflettente della società dalla quale sgorga, è giusto che in un momento di crisi economica (e non solo) come quella post-Covid si ascoltino voci che rappresentino un’alternativa alla patina di cui ci rivestiamo ogni giorno quando sorridiamo davanti la nostra fotocamera interna.

L’alternativa alla fuffa c’è. Tocca a voi decidere da che parte stare.