“Gimme More”: il nuovo singolo di Metho

Tra ritmiche trip hop e citazionismo in metrica, “Gimme More” si presenta come un manifesto d’intenti: se Nas dice “the world is yours”, Metho risponde “presente”.
Un brano che racconta le infinite scale di Escher che la vita quotidiana ci mette davanti — da salire un passo alla volta, non per inseguire un’idea di successo, ma per dare senso alla rivalsa. Non c’è fuga dal passato, ma la volontà di ricostruirlo attraverso un presente fatto di sacrifici e onestà verso se stessi.

Il rapper di Corviale conferma ancora una volta di essere una giovane promessa, ma soprattutto una promessa fatta a sé stesso: quella di dare di più, ricevere di più e rispondere a ogni ostacolo con un deciso “gimme more”.

Una domanda a partire dal tuo nome: Metho viene anche dalla parola “metodo”. Che metodo applichi nel rap? Ovvero, la tua scrittura, il tuo stile, ciò che racconti.
Io personalmente nella mia conoscenza dell’hip hop sono sempre stato molto scientifico: mi sono sempre informato su tutto ciò che mi piace o mi interessa. Questa passione di fondo mi ha dato modo di riuscire a trovare un mio equilibrio, una mia visione e un mio metodo d’approccio alla vita tanto quanto alla musica e alla scrittura.

Le sonorità richiamano una visione del rap classica, mantenendo una freschezza di fondo che la rende attuale. Che ne pensi del boom bap oggi? Senti anche tu che c’è questo progressivo e consistente ritorno al rap in senso stretto?
Penso che si stia sviluppando proprio un’altra visione in questo periodo, che non dipenda strettamente dalla sonorità di un pezzo o dal tipo di rap che si fa, ma completamente dall’artista e dal suo modo di esprimersi che lo caratterizza, come è giusto che sia. In questo vedo un ritorno alle origini: ci sono tanti artisti che sono anticonvenzionali e spaccano, che hanno un mondo tutto loro e li rende forti, interessanti e di rottura. E posso dire lo stesso per ciò che mi riguarda.

 

 

Tra le tante citazioni, la scala di Escher presente anche nella copertina è una chiave di lettura del brano: percorrere ogni gradino verso l’obiettivo, non solo dando, ma anche chiedendo di più. Cosa ti immagini di vedere una volta scalati tutti i gradini?
Non so esattamente cosa mi aspetta: è difficile dirlo, a maggior ragione se parliamo delle scale di Escher. Chissà se hanno una fine, chissà dove portano, chissà se ha un senso percorrerle. Io so che ci sono quelle da percorrere al momento, quindi cammino ancora, ma con tutta la fame del caso. Poi alla fine delle scale spero ci sarà un minimo di quiete sotto tanti punti di vista. Lo scopriremo, vi terrò aggiornati.

“Col passare del tempo ci sentiremo più oppressi, mica diversi, e non so se mi va bene”. Un concetto molto forte e sul quale sembra giusto soffermarsi.
Con questo concetto vorrei esprimere una cosa in particolare: durante i miei vent’anni sicuramente sono cresciuto, sono cambiato e sono cambiate tante cose attorno a me, rimanendo sempre me stesso, ma, nonostante ciò, in sottofondo rimane l’ansia per la propria vita, il proprio futuro, a livello di ambizione, cosa può succedere da un giorno all’altro. Il contesto familiare da cui vengo è di un certo tipo e con una stabilità economica precaria, che da quando sono ragazzino mi condiziona tanto l’umore, e per l’appunto mi fa sentire oppresso – almeno che qualcosa non si muova, continuerà a farmi sentire tale.


Pubblicato

in

,

da

Tag: