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IL “ROMANZO PORNO” DI BOETTI RACCONTATO TRACCIA PER TRACCIA

Boetti racconta l’umanità nella sua imperfezione in “Romanzo porno”, il nuovo album che, partendo dal suo vissuto personale, mette in musica le colpe e le conseguenti emozioni che queste suscitano in modo trasparente e fragile.

Attraverso suoni sperimentali e dinamici, opposti ad uno stile prettamente pop e cantautorale, i sensi di colpa di Boetti sono messi sotto i riflettori, non più nascosti dietro artifici retorici o immagini ermetiche, ma mostrati in testi impattanti, diretti e crudi come la vita stessa. Mettendo sul tavolo le emozioni e le sensazioni legate alla vita privata senza inquinamenti e censure del messaggio, la vera essenza delle cose è svestita e disarmata come lo è stato il percorso estetico del progetto. Il filo conduttore dell’album sono le diverse sfaccettature dei sensi di colpa dell’artista: Boetti esprime la sua interiorità in modo tragico e condiviso da tutti, mettendo in versi lo stato più crudo della realtà, affrontando tematiche universali con un occhio semplice e attento alle singole fragilità dell’animo umano. I testi rappresentano infatti drammi privati legati a diverse tematiche sociali, come è spiegato all’interno del track by track.

Melancholia
Le persone in difficoltà, i rinnegati, marginali, depressi sono coloro che più sarebbero in grado di tracciare con lucidità una via per la salvezza. Questo è uno dei temi, se non il tema, di “Melancholia”, film del regista danese Lars Von Trier. Anche quando un asteroide sta per distruggere la Terra, pensare a una carezza può capovolgere l’esito dell’imminente tragedia. Alla fine, come sempre, l’amore ci salverà.

Romanzo porno
Un amore con la data di scadenza. Innamorarsi di una persona e scoprire che entro poche settimane si trasferirà in Germania. Viversi a pieno ogni giorno, ogni momento per esorcizzare il dolore della separazione, tra scorribande, camere d’albergo, conversazioni sulla morte e sul buddismo. Darsi in pasto al presente per riconoscersi sempre.

Colpa tua
Sono voci che parlano a me e che mi rimproverano. “Colpa tua” mi dicono, perché non sono stato abbastanza vicino alla mia famiglia quando serviva, perché mi sono allontanato geograficamente dai miei amici, perché ho fatto soffrire delle persone. Come se la cosa non mi toccasse, come se il mio universo fosse un monolocale di 30mq, lo spazio in cui scrivere le mie canzoni. Se da ragazzo pensavo che questo fosse il modo migliore di salvare quanto meno me stesso, adesso non ne sono più così sicuro.

Reality
Nell’omonimo film di Matteo Garrone, un pescivendolo partecipa ai casting per il Grande Fratello. Ci tiene così tanto a superare il provino da vivere i giorni successivi come una continua messa alla prova. Clienti del mercato, vicini di bancarella, dirimpettai, familiari: tutti lo starebbero segretamente esaminando, tutti sarebbero complici del programma televisivo. Ovviamente così non è, ma quella stupida generosità, vana illusione che il protagonista dimostra in ogni aspetto della vita mi ha ricordato l’atteggiamento dell’artista. “Questa è la volta buona” – diciamo – “al massimo la prossima. Se poi anche questa non va, la prossima è quella buona”. Ma poi non cambia mai niente.

Errare umano
Sono passati circa dieci anni da quando ho iniziato l’Università e tutt’oggi da quell’esperienza conservo buona parte delle amicizie più importanti della mia vita. Certo che in tutti questi anni ci siamo sviluppati in direzioni non sempre convergenti: chi fa il professore, chi lavora in azienda, chi in un supermercato, chi come me prova ancora a scrivere canzoni. Un giorno ho rivisto per pranzo un vecchio compagno, che mi ha confessato di fare uso di cocaina. Mi sono chiesto se sia bastato davvero abitare in città diverse, percorrere altre strade per diventare adulti così distanti. Sono tornato a casa e gli ho scritto questa canzone.

Carlo
“Se una arriva alla settima interruzione di gravidanza, vuol dire che sbaglia stile di vita”.
Questo abominio pronunciato dall’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini mi ha fatto riflettere ancora una volta sulla facilità con cui noi uomini ci permettiamo di parlare di fatti ingiudicabili in quanto estranei. Il corpo è di chi lo abita, tanto più lo è il senso di maternità. Un uomo che si permette di pronunciarsi in merito a un qualcosa che non può provare sulla sua pelle, come una gravidanza, è la radice dei problemi sociali che oggi ci troviamo tanto a discutere. Lo stesso abbiamo fatto noi compagni di classe ai tempi del Liceo, quando un nostro amico ha smesso di frequentare. L’abbiamo deriso pensando che fosse un lavativo, invece abbiamo poi scoperto che la sua ragazza era rimasta incinta e aveva deciso di abortire.


Siamo troppi

Ci sono così tante persone in giro che a volte mi chiedo per quanto ancora l’asfalto possa sostenere tutto il peso. Gente in fila dovunque: in autostrada, alle Poste, dallo psichiatra, davanti ai grandi centri commerciali/outlet e poi in banca a chiedere prestiti. Gente che ha costruito o comprato case dovunque, tanto che la natura si sta lentamente riappropriando di quanto le è stato strappato via: alluvioni, terremoti, incendi sono ormai disastri all’ordine del giorno. Siamo tutti professionisti del tutto, tutti rigorosamente a distanza di sicurezza di un metro. In troppi nascono ricchi e troppi muoiono poveri. Eppure siamo sempre così soli, perché?

Ragazzo mio
Fare musica e crescere (invecchiare) sono due cose che in genere non vanno d’accordo. Anno dopo anno i sacrifici e gli sforzi, fisici, nervosi ed economici, si fanno sentire sempre più; come se ti sussurrassero all’orecchio che questa è l’ultima volta, poi basta. Così è la vita, c’è chi va e chi resta. Sentimenti come l’amore e l’amicizia, però, nessuno può cancellarli. Si trasformano nel momento in cui due persone prendono due strade diverse, ma sopravvivono nonostante le loro scelte. Molto spesso si è incapaci di lasciar andare, anche quando è meglio che sia così.

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