Sono Fatto Così è il nuovo album di Nyco Ferrari, una raccolta di pensieri di chi si rende conto di esser rimasto appeso alle paure e al giudizio altrui troppo a lungo. Mettendosi a nudo, Nyco Ferrari vuole accettarsi a partire dalle sue stesse contraddizioni, concedersi la possibilità di sbagliare, rompere i tabù senza timore, amare la vita.
Abbiamo scambiato due chiacchiere con l’ex poeta e futuro raver, come ama definirsi Nyco Ferrari, giovane artista inglobato dalle strade di Milano
Ciao Nyco! È da poco uscito il tuo nuovo album “Sono fatto così”, un vero e proprio manifesto di sincerità e di scelte radicali, in cui risulta evidente la volontà di metterti completamente a nudo. Quanto è stato complesso decidere di farlo in maniera così schietta e quanto è stato liberatorio a posteriori?
Mettermi finalmente a nudo nelle mie canzoni è stato più che altro un processo naturale. Da una parte, dopo anni in cui ho provato a comunicare attraverso la musica dei messaggi per me importanti, ho sentito finalmente il bisogno di svelare a chi mi segue la persona che ci sta dietro. Dall’altra, nella discografia, volenti o nolenti, si è sempre costretti ad un confronto con un giudizio interiore ed esteriore, sia sulla musica che sulla propria immagine. Ed è snervante non sentirsi mai adeguati.
Sono fatto così è un po’ un modo di smarcarsi da questi giudizi artistici ed estetici per raccontare la mia vera natura, dopo anni in cui ho cercato di dare un immagine anche fin troppo controllata di quello che sono. Quindi sì, è stata una grande liberazione!
In questi dieci brani, alcuni dei quali molto diversi tra loro ma legati da un fil rouge di profonda limpidezza, mescoli sonorità acustiche ad altre più elettroniche. Da dove sei partito, quali sono state le tue principali influenze musicali e cosa senti di aver aggiunto in questi ultimi anni rispetto alle tue prime pubblicazioni?
Rispetto alle prime pubblicazioni oggi non voglio più dimostrare niente dal punto di vista tecnico. Prima dovevo sempre far vedere che sapevo cantare, che sapevo suonare la chitarra, che sapevo arrangiare le doppie voci secondo le regole di un quintetto di fiati… Ora basta. Non che la tecnica non riempia questo album fino allo svenimento (ogni dettaglio è voluto), ma non è più tanto una tecnica autocelebrativa quanto puramente funzionale all’espressività del brano. Così sono passato dal prendere come esempio Jacob Collier, gli Hiatus Kayote e Robert Glasper, allo studio di M¥SS KETA, Fred Again… e la Rappresentante di Lista (che è da sempre il duo che amo di più del panorama italiano).

All’interno del tuo disco parli dell’importanza di conoscere i propri difetti e limiti, così da riuscire a superarli o semplicemente accettarli e saperci convivere. Ricordi una circostanza in cui prendere coscienza di un limite ha avuto un grosso impatto sulla tua vita?
L’educazione. Ho sempre cercato di essere educato nella mia vita e di stare attento a non c****e fuori dal vaso. Ma ad una certa più che educato ti senti stitico. Quindi ho deciso di lasciarmi un po’ andare, e se mi capita di dire qualcosa fuori luogo, faccio spallucce e mi dico che va bene così, almeno sono stato sincero.
Come nasce la collaborazione con il producer Jiz?
Fantastico! Jiz me l’ha presentato un project manager della mia etichetta, Golpe. Mi ha portato in studio da lui per una chiacchierata e inizialmente è scattata una timida curiosità reciproca. Ma è dalla prima sessione di prod che davvero per me è stato colpo di fulmine musicale. Veniamo da due mondi molto diversi. Io la canzone, il cantautorato, l’indie, lui il rap, l’hip pop e la trap. Ed è proprio in questo che secondo me sta la magia: nel calderone magico di Ableton io ci metto i colori delle armonie e lui la freschezza dei beat, sempre un po’ più cattivi di quanto io riesca ad immaginare.
È una collaborazione che, siamo d’accordo entrambi nel dirlo, ha fatto crescere molto entrambi, sia dal punto di vista musicale, che da quello umano, perché oltre ad essere un producer e musicista super creativo, Giorgio è anche davvero una bella persona, una di quelle che sei contento di aver conosciuto.
“Tapim tapum“ è la riedizione di un tuo brano pubblicato con Golpe, ma in versione francese. Cosa pensi conferisca in più al pezzo e come mai proprio la scelta del francese?
Beh prima di tutto Tapim Tapum nasce in francese. Nelle mille vicissitudini della mia vita ho vissuto quasi tre anni a Parigi da cameriere/studente e non ho certo smesso di scrivere canzoni all’estero.
Tornato in Italia, nessuno capiva il senso di quello che dicevo e i live erano spenti senza le reazioni della gente, così ho iniziato a tradurre i miei brani, con risultati che nella maggior parte dei casi superavano l’originale. Ora non so se Tapim Tapum sia meglio in francese o in italiano, ma certo è che il francese, malgrado quello che si dice, è una lingua dalle sonorità molto più aspre dell’italiano, e questo conferisce al pezzo una carica e un energia che forse non ero riuscito a dare nella versione in italiano.
Stai portando il tuo disco live al momento? Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ovviamente! In realtà questa è la prima volta che la mia musica nasce prima in studio per trovarmi poi, in un secondo momento, ad arrangiarla con la band per i live. L’anteprima dell’album in Triennale a Milano e la presentazione alla release sono state davvero due occasioni super emozionanti, perché per la prima volta mi sono trovato a dire, proprio dire queste parole davanti a persone fisiche che mi stavano ad ascoltare, mettendomi davvero a nudo.
In particolare, quando ho cantato Lecca Lecca per la prima volta (ho scelto apposta di farla in piano e voce per far risaltare le parole) è stato davvero come fare coming out per la prima volta. Lì sì mi sono sentito fragile e vulnerabile armato solo delle mie parole e delle mie emozioni da condividere con il pubblico.
Ecco, per il futuro dell’album spero ci siano mille di questi momenti di vulnerabilità e nudità, da tradurre subito dopo in energia dirompente, balli tribali e in una catarsi collettiva in cui tutti possiamo abbracciare i nostri peggiori difetti e gridare al mondo: Sono fatto così!

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