Il giovane rapper abbandona l’aka Nefa e ci racconta l’inizio del suo nuovo percorso
Virgo è un giovane rapper emergente di Torino, classe 2000, che si sta facendo notare ultimamente, tra una web-serie con la collaborazione degli Arcade Boyz e uno stile nel rap diverso dalla maggior parte dei trend attuali, caratterizzato da citazioni e continui rimandi al mondo dell’epica e mitologia greca e latina. A fine dicembre è uscito il suo EP “Storia Mia”, il primo lavoro con l’aka Virgo, abbandonando il precedente Nefa e segnando quindi l’inizio di un nuovo percorso. Gli abbiamo fatto qualche domanda per farci raccontare il suo percorso e il suo progetto.
Hai iniziato a muovere i primi passi nella scena col nome di NEFA, ma di recente hai cambiato nome d’arte in VIRGO, in occasione dell’annuncio del tuo nuovo EP. Cosa rappresenta questo cambio di nome per te?
È un cambiamento strettamente legato all’aspetto musicale/artistico o è qualcosa di più?
Il cambio di nome per me rappresenta un nuovo inizio: i vecchi progetti che ho fatto uscire sotto il nome di Nefa fanno parte di un periodo della mia vita che si è chiuso, ma che ancora porto con me. Volevo riassumere tutto quel percorso in una sola Storia, in questo EP che racconta la storia di Nefa per com’è stata, ma che lo fa guardando al futuro, con la consapevolezza che quel periodo si è chiuso. Virgo rappresenta questo nuovo inizio, questo nuovo periodo, ma non poteva cominciare senza parlare di Nefa e di quello che c’è stato prima; ecco perché il primo EP sotto il nome di Virgo parla ancora del percorso di Nefa.
Come è nata l’idea di promuovere il tuo EP assieme a una Web-series con gli Arcade Boyz?
La serie in realtà è nata come un progetto a sé che inizialmente doveva uscire sul mio IGTV: volevo avere un contenuto diverso dai freestyle da un minuto e diverso dal solito iter “annuncio singolo-uscita singolo-video” da portare al mio pubblico, ma quando poi ho presentato il progetto a Tempo Records, la mia etichetta, mi hanno fatto capire che era un lavoro degno di più esposizione di quella che avrebbe ottenuto uscendo sui miei canali, per questo abbiamo coinvolto gli Arcade.

Il tuo rap e il tuo immaginario sono fortemente intrisi da un’iconografia e un citazionismo proveniente dal mondo dell’epica e della mitologia. Come nasce questo tuo stile e questa tua (immagino) passione?
Io la passione per la mitologia e l’immaginario classico l’ho sempre avuta, sin da piccolissimo, ma l’input vero e proprio che mi ha portato a costruire questo immaginario l’ho ricevuto quando ho iniziato a fare rap: avevo circa 16 anni e andavo al liceo classico, mi ricordo che i ragazzi di quella scuola quando facevano freestyle spesso chiudevano le punchline facendo riferimenti alla roba che studiavamo e a me flashò il fatto che, se sapevi farlo, potevi fare metafore di cultura alta giocando sul greco e il latino, e da quel periodo in avanti questa caratteristica ha iniziato a farsi sempre più forte nei miei pezzi, finché non mi ci sono costruito tutto un immaginario.
Quali sono le tue influenze musicali? C’è un artista (anche fuori dalla scena rap) che ti ha particolarmente ispirato?
L’artista che per primo mi ha fatto pensare di voler fare musica è stato Michael Jackson, che mi faceva ascoltare mia madre da piccolo e che ho ascoltato più di ogni altro artista fino agli undici anni; ho poi scoperto il rap italiano con il Fedez di “Signor Brainwash: l’Arte di Accontentare”, i Dogo di “Noi siamo il Club”, e il Fibra di “Guerra e Pace”, e in un secondo momento ho scoperto il rap americano con Eminem, queste sono state le mie più grandi influenze.
Ad oggi, se mi chiedessero il feat dei sogni, risponderei Marra e Gué, come penso risponderebbero nove rapper su dieci nati nel 2000.
In questo momento il rap in Italia sta passando una fase di transizione: dall’esplosione della trap che ora sta scemando sta tornando in auge il rap più incentrato sulle liriche e sui contenuti, più maturo e più attento alla scrittura. Come la vedi questa situazione?
Quanto è importante secondo te per un rapper dimostrare di saper scrivere e/o avere skills al microfono?
Io non sono così fossilizzato sulla tecnica rap che deve venire prima di tutto: se uno spacca, spacca, e, a prescindere, qualcosa per meritarselo l’ha pur fatto. Per quanto mi riguarda sono sicuramente più contento che ora stia tornando il rap vero e proprio, in primis perché è quello di cui io mi sono innamorato, in secundis perché è quello che faccio anch’io e il fatto che stia tornando mi fa pensare che possa esserci spazio anche per me nelle librerie Spotify della gente.
Nel comunicato di uscita di Storia Mia EP viene detto di te “un ragazzo di vent’anni che non c’entra niente con la strada”. In una scena rap, soprattutto quella emergente, dove pare bisogni ostentare obbligatoriamente di essere “di strada” per fare rap, tu come ti poni?
Mi viene da citare Marra e dirti che io la strada l’avrò anche vista, ma non le appartengo: l’ho vista nel senso che sono cresciuto con persone che la vivevano veramente, quindi con loro ho fatto delle esperienze che solo per strada puoi fare, non le appartengo nel senso che non vengo da un contesto tanto povero da farti vivere ingabbiato in quel mondo, da impedirti di allontanartene. Nel mondo del rap io penso che l’argomento al giorno d’oggi sia tanto inflazionato che molti dei rapper che si professano di strada, in realtà, per strada ne hanno viste pure meno di me; io tendo sempre a sottolineare che non c’entro nulla con quel mondo per distinguermi dagli altri, vorrei evitare che sotto i commenti di un mio video possa mai arrivare il classico “tutti finti criminali”, ma se ho un argomento figo di cui parlare e una bella chiave di lettura non mi faccio problemi a parlarne, e così infatti è stato in “Cantami Musa”.
Storia Mia EP è uscito il 22 dicembre. Che aspettative riponi su questo progetto?
Quali saranno i tuoi prossimi obiettivi?
Non mi sono fatto aspettative sul progetto perché è un progetto che era pronto da giugno 2021, la sua programmazione è cambiata tante volte in corso d’opera che non mi sono potuto fare delle vere e proprie aspettative da usare come metro di valutazione per la sua buona riuscita o meno. So soltanto che per farlo, io e il mio team abbiamo perso molte ore di sonno e abbiamo fatto viaggi infiniti, e quindi posso dire senza problemi che l’abbiamo fatto come si deve e senza risparmiarci; questo mi basta a soddisfare qualsiasi aspettativa potessi mai aver avuto