Con l’uscita di Lenzuola ho scoperto Davide Amati, cantautore classe 1998 che, caso ormai più unico che raro, mostra una maturità decisamente superiore rispetto alla sua giovane età.
Le paranoie che si leggono tra le righe del suo ultimo singolo, che ci racconta un rapporto di coppia finito male, sono oramai superate.
Le prevaricazioni e le disuguaglianze sono state parate e respinte: lo si capisce anche dalla leggerezza con cui vengono raccontate.
Lenzuola segue i precedenti singoli Allunga il passo, Rinascere ogni giorno e Se te ne vai: un esordio con il botto quello di Amati, che di diritto fa entrare il giovane cantautore nella lista degli emergenti da tenere d’occhio in questo 2021: non per niente Davide ha appena annunciato l’uscita del suo EP d’esordio (fuori il 5 giugno per Pirates / UMA Records, distribuito da Sony Music Italy) e le prime date dei suoi prossimi live.
Non è questione di estro, Davide Amati non è un fantasista nè ha l’audacia del pilota di Formula 1; a mio parere, riuscirà a conquistare il grande pubblico grazie alla consapevolezza di fare bene quello che gli riesce meglio, grazie alla coscienza dei propri mezzi.
Difficile essere sicuri di non sbagliare. Ancora più difficile infondere questa sicurezza a chi ascolta la tua musica, o verso i tuoi compagni di squadra.
Un po’ come succede con i portieri delle squadre di calcio: soltanto dopo aver dimostrato di essere veramente un punto di riferimento, si può ambire alla titolarità.
Proprio come è successo con il portiere dell’Inter che vinse tutto, Julio Cesar, eroe del triplete nonché uno dei migliori portieri della storia della Serie A (e del mondo).
Il brasiliano, nel suo anno d’esordio, alza al cielo la Coppa Italia e la sua affidabilità alla fine verrà ripagata con 300 partite disputate tra i pali.
Mai un gesto fuori posto.
Mai perse la calma e la lucidità: come quando non gli tremarono le gambe all’affondo di Muller, in quella storica finale del Bernabeu, o con l’incornata di Pedro, nella precedente semifinale con il Barcellona.
Un colpo di reni da fuoriclasse.
Ma Julio Cesar, oltre ad essere una sicurezza, aveva un’altra caratteristica importante. Una forza difficile da trovare, ai tempi del calcio giocato senza bandiere: era un para rigori.
Anche questa peculiarità ha fatto scattare l’inevitabile paragone perché, proprio nel momento più difficile delle canzoni – quando sta per arrivare il ritornello – Davide riesce a non essere scontato e a tenere il ritmo particolarmente alto. L’effetto sorpresa che si può ascoltare negli acuti di Allunga il Passo, per esempio. Grinta nel microfono, come quella che si leggeva negli occhi del brasiliano dell’Inter.
Come Julio, riuscirà a far sedere in panchina – ma soprattutto a non far rimpiangere – i veterani della scena così come capitò con Francesco Toldo a fine carriera?