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SOLO TUTTO, Massimo Pericolo ci ha ricordato quanto è bello il rap

Il 26 marzo è uscito SOLO TUTTO, l’ultima fatica di Massimo Pericolo. Un disco fatto per spiazzare

Una cosa che ho sempre apprezzato, in un nuovo rapper che emerge nella scena, è il momento in cui decide di non fare quello che si aspetta il pubblico e puntare a qualcosa di personale e sentito, che sicuramente sarà in grado di lasciare un segno. Per intenderci con un esempio concreto, quando Kendrick Lamar agli inizi si faceva notare con una hit come Swimming Pools, tutti si aspettavano un primo disco ufficiale pieno di banger come era la tendenza dei rapper del tempo; lui invece se ne fregò altamente e concepì un concept album elaborato e originale, ossia quel capolavoro di Good Kid, m.a.a.d city e la storia ci ha mostrato come sono andate le cose.

Perchè inizio con questo riferimento? Perchè, dal mio punto di vista, con Massimo Pericolo sta forse succedendo la stessa cosa: facile nella mente di tutti aspettarsi che il ragazzo di Brebbia faccia uscire un disco con dentro pezzi del calibro di 7 Miliardi, e invece ci si ritrova un disco come Solo Tutto, che spiazza il pubblico. In positivo per quanto mi riguarda.

Massimo Pericolo è uno vero e si vede. È uno che non gliene frega nulla di essere il nuovo beniamino nell’orbita delle discografiche e del pubblico, è uno che ancora vuole sfogarsi e raccontarsi. Sembra una banalità, ma dopo un periodo dove i nuovi rapper/trapper erano più impegnati a dire cosa e quanto fanno, un rapper che ancora racconta chi è suona come una dannata ventata di aria fresca. E questo primo disco ufficiale mira in questa direzione tra tracce più intime e addirittura storytelling intensi ed emozionanti.

E lo stesso Massimo è consapevole di ciò già dalla prima traccia Casa Nuova con Venerus quando dice “Sono il meglio del momento ha detto Marra ma è facile in questo momento esserlo in Italia. Con qualche barra ho cambiato vita…” Ed è questa la figata. Ogni lirica di Massimo Pericolo contenuta in Solo Tutto, ogni citazione che viene fatta (rap anni 2000 con Noyz Narcos in particolare, la stessa roba che ci ascoltavamo noi del 91-92 circa negli anni 2000) ci riporta indietro a un rap più genuino, quando non era per nulla un genere cool anzi se lo ascoltavi eri marchiato come sfigato, e quindi dimostrare di ascoltarlo era una bandiera, era come dire “siamo noi contro di voi”.

Sembra un’assurdità considerando quanto alcuni rapper di adesso siano la cosa più pop e family friendly del mondo, alcuni addirittura più simili ad influencer che ad artisti (Marracash in Catatonica rappava “Ora a Dan Bilzerian dicono sei un grande invece di sognare di strappargli la carne” e credo sia ancora una delle barre più reali che ho mai sentito in una canzone).

Non voglio fare la recensione track-by-track del disco che sarebbe un’asciugata, ma vi basti sapere che questo disco trasmette tante emozioni e contenuto. Certamente, alla fine ci sono anche le banger come Cazzo Culo, già potenziale hit da playlist (con un Salmo presente a mio avviso per mere questioni di marketing che per reale valore aggiunto) o Bang Bang più rivolta invece allo zoccolo duro dei seguaci del rap più duro, ma il resto dell’album invece volge verso un racconto più personale, uno sfogo di tutto quello che ha in testa uno come Massimo Pericolo senza alcun filtro. E questa in sintesi è la figata del fare un disco rap: avere qualcosa da dire, banalmente. E come diceva un altro grande della scena “Se non sputi merda cazzo rappi a fare” e aveva maledettamente ragione.

PS: vorrei infine anche citare un’altra barra sempre presente nel primo pezzo del disco “Mi dicono che dentro ho fatto quattro mesi. Vorrei vedere li facessero ‘sti quattro scemi“, un riferimento alla critica del tempo speso ai domiciliari che rivolta da una fanbase che probabilmente ha scapocciato dopo 3 mesi di lockdown, mi può far solo dire Chapèu