Non è mai bello vedere i propri idoli invecchiare. O meglio, non è bello vedere i propri idoli non riuscire a rimanere al passo coi tempi. Nella musica in particolare è un fenomeno assai frequente, soprattutto ora che viviamo un’epoca in cui ogni stagione ha da seguire il suo nuovo trend dai fan sempre più volubili. Nel rap, poi, questo processo ha praticamente falciato tutta la scena degli anni 2000-2010, riducendo molti rapper underground del tempo alla pari di ricordi adolescenziali (perlomeno per me e di chi è della mia generazione). E poi c’è Inoki, che non è stato dimenticato con l’evoluzione del rap. Se n’era allontanato proprio lui.
Onestamente dai tempi di quel Nobiltà Di Strada uscito per Warner Music (disco bistrattato ai tempi, ma a mio avviso e col senno di poi uno dei migliori dischi in major rap di quegli anni) non si sentiva più parlare di Fabiano Ballarin in arte Inoki per il suo talento musicale, ma solo per le varie sparate contro il resto della scena, contro i rapper in major e simili (il tutto alternato da tape e dischi non proprio memorabili – eccezion fatta per Basso Profilo Mixtape). Atteggiamento anche giusto e rispettabile in piccole dosi, ma che per certi versi lascia un retrogusto amaro. Tradotto in parole povere: fighissimo che ci sia qualcuno che dica a una scena che tendenzialmente si sb*cchina a vicenda senza contraddittorio di andare a cagare e fare musica migliore. Ma lasciare qualche minima apertura e riuscire a discernere artisti validi e meno validi potrebbe portare qualche beneficio piuttosto che fare i dischi autoprodotti con sempre la stessa gente (non me ne vogliano i vari Mopasha, Lamaislam o Timmy Tiran e altri di cui si è circondato Inoki in passato).
Ho sempre pensato che sarebbe stato grandioso sentire Inoki misurarsi con il rap attuale, pur mantenendo la sua attitudine, e credevo sarebbe rimasto un sogno finché un giorno su Instagram vedo un post di Inoki che annuncia il primo singolo di Medioego per Asian Fake (con annessi like e le emoji nei commenti di tutti i rapper che avevano scazzato con lui negli anni all’improvviso tutti amici; spero si fossero messi il trucco e il naso rosso prima di commentare).
Preamboli a parte, Medioego è finalmente un ottimo disco di un ottimo rapper di cui personalmente sentivo la mancanza: un rap adulto ma stiloso, classico ma che non puzza di vecchio o di sfiga. E il valore aggiunto è che, nonostante questi pregi, non si accomuna o adegua a nessun trend attuale (anzi, li critica pure). In una scena che ricalca paro paro i trend delle classifiche, degli streaming e del rap oltreoceano, Inoki in questo disco dice candidamente che tutto questo teatrino gli rompe il cazzo. E questa attitudine suona dannatamente naturale e credibile, non è una mera posa per atteggiarsi: Inoki in questo disco propone il suo punto di vista di mosca bianca all’interno del contesto urban italiano, basato sullo staccarsi da vari dogmi che ci sembrano imposti negli ultimi anni (come la ricerca spasmodica della notorietà, i social network, l’apparenza) incentrandosi, invece, sul riaffermare un legame più naturale e più sereno con il mondo e la Terra in cui viviamo. Condivisibile o meno, è comunque un valore aggiunto non banale nella comunicazione di un rapper.
Tracce da segnalare ce ne sono parecchie: da Trema su produzione di Stabber (probabilmente il pezzo col sound più interessante), Immortali, Ispirazione con Noemi a sorpresa, Veterano con un Dj Shocca in grande spolvero che ci fa tuffare in un bel effetto nostalgia. Sicuramente qualche passo falso o comunque poco riuscito che risulta ridondante c’è (Fuckoff), ma nel complesso la qualità del disco non ne risente. Ma il premio per il pezzo migliore del disco alla fine se lo aggiudica Wild Pirata assieme a Tedua, dove l’incontro tra due generazioni di rapper le cui strofe dimostrano un apprezzamento e un rispetto reciproco che praticamente sfancula ogni futile lotta tra vecchia e nuova scuola è il perfetto riassunto di questo ritorno di Inoki sulla scena. Il ritorno di un rapper che ha ancora tante cartucce da sparare e che speriamo torni in gioco con costanza. Chissà se alla fine si è convinto che c’è del buono anche nella scena attuale.