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Don Said vi dà il benvenuto nel suo Luna Park

Dal blu tornado alla ruota panoramica: Don Said ci ha raccontato il suo Luna Park

Si chiama Luna Park il debut EP di Don Said, rapper catanese classe ’99 che ha attirato a se i riflettori con le pubblicazioni dei singoli Acqua AmaraTelegram e Dirty.
Il nuovo EP raccoglie il concept della diversità di emozioni che può dare un luna park. Per quanto possa essere associato a un posto in cui regna l’intrattenimento, le attrazioni sono diverse tra loro, dalla casa degli orrori alla ruota panoramica per finire con le montagne russe.
Tutte giostre che trasmettono sensazioni diverse, racchiuse proprio in un unico contenitore: il Luna Park.

Su produzioni di assoluto livello, ricordi e scene di vita vissuta lasciano intravedere tutto il talento di Don Said, capace di prestarsi a sonorità ora più crude, ora più elettroniche, in una tracklist ricca di contaminazioni musicali.

Il termine “luna park” proviene dagli Stati Uniti, quando nel 1901 fu installata un’attrazione dal nome “A trip to the moon”: un viaggio verso la luna. Come nasce invece l’idea di chiamare così il tuo disco?
Il titolo Luna Park deriva dalla carica di sensazioni diverse date dalla diversità delle tracce del disco. Per quanto possa essere associato a un posto in cui regna l’intrattenimento, le attrazioni sono diverse tra loro, dalla casa degli orrori, alla ruota panoramica per finire con le montagne russe, tutte giostre che trasmettono sensazioni diverse, tutte però racchiuse in un unico posto: il Luna Park.

Qualcuno in passato ha detto: Il luna park è caos, è il mondo del proibito, magicamente a portata di mano, che viaggia di posto in posto e persino di tempo in tempo con il suo carico di fenomeni e le sue attrazioni seducenti. Per te cosa rappresenta il luna park, musica a parte?
Il luna park per me rappresenta qualcosa che va oltre l’intrattenimento, è un posto carico di energie diverse che si ritrovano in un unico luogo e che abbraccia ogni età, anche se in realtà non ne sono stato un grande frequentatore nella mia infanzia, non amavo molto quel genere di attrazioni.

Se dovessi descrivere il tuo nuovo disco con tre aggettivi quali useresti?
Carico, folle, nudo

Da cosa nasce l’esigenza di pubblicare un album in un momento così complicato e in un periodo dove la musica è così liquida e “veloce”?
Era un peso che volevo togliermi da tempo, pubblicare un disco (anche se un EP) è un’esperienza che non avevo ancora provato e volevo mostrare, a livello umano, tutte le mie sfaccettature e dimostrare la mia versatilità artistica nel farlo.

Quanto l’aver vissuto nella tua terra, la Sicilia, ha influenzato questo disco?
Tanto, è una terra che mi ha dato e tolto molto, spero un giorno di poter dare una risposta più completa a questa domanda.

Tra un anno, se dovessi rifare quest’intervista, cosa vorresti poter dire?
Che sono ancora più Don Said di prima.