Venerdì 27 è uscito l’EP di esordio di SANTACHIARA, Sette pezzi. E in casa Save The Tape non potevamo perdere l’occasione per un 7bello speciale.
Luigi Picone, in arte SANTACHIARA, nasce ad Alberobello ma cresce un po’ ovunque in giro per l’Italia insieme ai genitori artisti di strada. Forse proprio da questo vagare impara che non bisogna accontentarsi di un posto, così non si rinchiude in solo genere musicale: parte dal rap ma arriva alla musica classica passando dall’urban, dalla techno e dal cantautorato italiano.
La versatilità musicale di SANTACHIARA si dimostra ben riuscita nel suo EP d’esordio, Sette pezzi. Dato che, come il nome fa intuire, è composto proprio da sette brani, noi di Save The Tape non potevamo proprio perdere l’occasione per un 7bello d’autore.
Il mic per il nostro 7bello passa a SANTACHIARA che ci racconta i retroscena di Sette pezzi.
Weekend da cani
“Somewhere over the rainbow”
Era un giorno di quarantena quando mi sono messo con le mani sulla chitarra a suonare qualche accordo.
Dopo un po’ ne trovo 4 che giravano bene e decido che mi bastano.
Mando le chitarre al mio producer e mi manda un beat; inizio a scrivere e più andavo avanti, più mi veniva in mente il mood di “Somewhere over the rainbow”; dunque ho deciso di mantenere la sensazione che mi dava quel brano, facendolo mio.
Silenzioso
“Gymnopedie n1 di Erik Satie”
Quando ho sentito per la “prima” volta (tra virgolette perché la avevo sentita inconsciamente altre mille volte) la sonata mi sono emozionato: con semplici accordi e melodie aveva tirato fuori un mondo.
Mi sono messo a scrivere prima di avere il beat, solo sul piano e sulle melodie.
Quando è arrivato anche il beat il cerchio si è completato: non volevamo strafare né toccare quella melodia intoccabile, quindi abbiamo optato per una cosa semplice che desse valore al testo, la parte più importante.
Il brano è un grido disperato ma non di aiuto, di rivalsa, come a dire “nonostante tutto, anche il tempo che fugge, l’incomprensione, riuscirò a rimettermi in pari con quello che avrei voluto fare o diventare”.
Lasciarmi andare
“Moby”
Quando Andrea (Untitled) mi aveva mandato il beat era molto classico: aveva usato un “sample sacro” di Moby (in realtà già preso da lui dalle “Davis’s Sisters”), c’era un synth figo, quasi dance, ma mancava qualcosa.
Sentivo che la ritmica ad un certo punto doveva diventare più incalzante e cambiare tutto: così abbiamo fatto (mettendo la cassa dritta) e facendo un beat che varia improvvisamente per poi ritornare “a casa”.
Quel synth storto è diventato azzeccatissimo, e quel sample ha dato presenza e completezza al beat. Chi se lo aspettava.
Tutto gira
“Escher”
In questa canzone tutto era storto all’inizio: le chitarre che avevo mandato ad Andrea non erano a tempo, Andrea aveva fatto un beat troppo fuori contesto, le parole suonavano ma troppo secche, un disastro.
A un certo punto mentre ascoltavo un po’ di musica mi sono imbattuto nuovamente in una foto di Escher presa ad una sua mostra: ho capito che andava ribaltata la prospettiva.
Il beat lo abbiamo estremizzato cambiando ritmica nel ritornello, nel testo ho cercato di utilizzare immagini che hanno due punti di vista: per dare l’idea che tutto ha un senso da dove lo guardi, e, se “tutto gira mon frere”, prima o poi le cose le vedrai dalla parte giusta.
Alba
“Asap Rocky”
Essendo uno degli artisti preferiti da me e il mio producer non poteva far altro che influenzarci in qualche modo.
Una volta sentita per la millesima volta “Kids Turn Out Fine” di Asap Rocky, decidemmo di creare qualcosa che trasportasse come faceva quella canzone, melodica ma trascinante.
Il flow che ho scelto più gli effetti di mix hanno prodotto un pezzo che rappresenta l’urlo di “tutto è possibile”.
Io e me
“XXXTENTACION“
Ero a casa col mio producer (Untitled) e volevamo usare la mia voce e la mia chitarra come ha fatto XXXTENTACION con Shiloh Dynasty.
Il risultato è venuto a nostro parere figo e mi sono messo immediatamente a scrivere; ho cercato di comunicare un po’ dell’incazzatura che comporta crescere e la solitudine sana delle notti passate a pensare a noi stessi.
Quindi
“Muro bianco”
Dopo una nottata di fuoco con amici e amiche, la mattina mi sveglio con i postumi e pieno di domande.
Tornando a casa mia la mattina, con un pezzo struggente nelle cuffie, inizio a capire che a tali domande non troverò una risposta. In men che non si dica mi ritrovo seduto sulla poltrona, con la chitarra in mano, a cantare parole che uscivano da sole e davanti a me solo un muro bianco.