Sì ok, ci piacciono i giochi di parole. Ma Speranza è davvero una spanna sopra a molti.
Se avete letto un po’ di articoli su queste pagine, sapete come la penso sul rap: è tutta una questione di attitudine e credibilità. Ed è per questo che in uno scenario dove il rap diventa sempre più mainstream e tende a seguire la moda del momento, quest’anno mi sono trovato ad apprezzare dischi come Mr. Fini, che ci riporta un Guè Pequeno consapevole del suo status può imporre il suo sound e stile nella scena anche più “pop”, o trovare del buono anche in 17 di Emis Killa e Jake La Furia che nonostante qualche limite prova a essere un lavoro duro, grezzo e spregiudicato. Eh, prova appunto. Perché lo scorso venerdì si dà il caso sia uscito un disco che fa tranquillamente sbiancare 17 in fatto di spocchia e schiettezza, e non era scontato. Parlo di L’Ultimo a Morire, il disco d’esordio di Speranza.
Quando ho ascoltato Speranza per la prima volta, ormai un paio di anni fa, è stata per me una bella sorpresa: un mio amico mi linkò Spall A Sott 3, io la misi in play – così tanto per, mentre facevo altro pensando una cosa tipo boh uno che si chiama Speranza che sarà… sarà uno di quei pezzi rap cagacazzo sui sentimenti, me l’avrà linkata per ridere OMMIODDIO COSA CAZZO STA SUCCEDENDO?. E niente, fu una folgorazione. In un periodo dove la scena rap/trap era ormai configurata come un ammasso informe di copie di Sfera Ebbasta e Dark Polo Gang (siamo nella seconda metà del 2018 circa), l’arrivo di un rapper mega grezzo e per nulla patinato era un evento, e il fatto che qualcuno riportasse un po’ di aggressività a una musica che in quegli anni era parecchio blanda, era una piacevole boccata d’aria fresca. Ecco, ora però sono passati 2 anni, l’hype attorno a Speranza è fisiologicamente sceso e lo scorso venerdì dopo tanta attesa, con qualche comparata sporadica, esce il suo primo disco e ammetto che, prima di ascoltarlo, l’aspettativa era un disco urlato, aggressivo fine a se stesso e senza pretese. Cosa che denota che non ci avevo capito comunque un cazzo.
Speranza è molto di più del classico rapper ignorante e grezzo. Anzi, paradossalmente è forse uno dei fenomeni più originali che è passato sulla scena: etichettarlo come il classico rapper che cerca di tornare a un rap più hardcore è una leggerezza basata su un’impressione superficiale. L’Ultimo a Morire è un disco originale perché in una scena rap dove tutti fanno i grossi ostentando ricchezza, lui fa un pezzo dove ti parla di roulotte (Fendt Caravan), perché dove tutti chiamano come featuring i soliti nomi tipo Shiva e Lazza lui porta in major Rocco Gitano (Camminante, forse uno dei pezzi più rappresentativi del disco), ma soprattutto perché portando il suo immaginario composto da lingue e dialetti diversi, riferimenti a varie minoranze e etnie con cui ha avuto a che fare nella sua vita, riesce a mettere sul piatto il tema del razzismo. Ci riesce nel modo più naturale possibile, terra terra, grezzo e diretto, molto rap, senza passare per l’artista paraculo di turno. Ed è la sintesi perfetta di ciò che dovrebbe essere la musica, perlomeno secondo me.
E in tutto ciò tra una banger e l’altra riesce pure a infilarci una ballata d’amore, anzi di rancore come dice lui stesso (IRIS: “Non parlo d’amore, parlo di rancore / sentimento molto più sincero, più profondo“). Non so voi, ma non vi fanno cagare le canzoni d’amore felici che parlano di quanto è bello stare insieme? Io personalmente le ho trovate sempre sfigatissime, se mi devi proprio parlare d’amore fallo in modo duro e traumatico se no cazzo me ne parli a fare…
Speranza è sia la cosa più rap dell’anno che la cosa più anti rap. Perché non sentirai mai un rapper che dirà “Pe’ 3.000 euro me sposo ‘a badante” (Spall A Sott 4) piuttosto che “Ommo ‘i mmerda, ho fatto il giro del game Sono diventato lesbo tanto che sono gay” (Omm I Merd. Questa in particolare è più efficace di tutta la lotta alla mascolinità tossica che Achille Lauro sostiene di fare) o che nelle interviste dichiara “Se il rap non va tornerò in cantiere”. E’ tutto questo che rende Speranza una ventata d’aria fresca. L’Ultimo a Morire si candida quindi direttamente tra le uscite rap migliori dell’anno a mani bassissime; probabilmente non sarà tra i dischi che macineranno più numeri o che finirà nelle posizioni più alte della FIMI (poi per carità, mi auguro di essere smentito), ma è comunque un disco interessante, concreto e maturo. In altre parole, adulto. Ed è in questa parola che vedi il distacco con gli altri rapper.
Commenti
2 risposte a “C’è ancora Speranza nel rap italiano”
[…] Leggi anche:C’è ancora Speranza nel rap italiano […]
[…] Leggi anche:C’è ancora Speranza nel rap italiano […]