Canale Paesaggi è un disco che ho atteso con curiosità e sono sicuro di non essere stato l’unico. Parliamoci chiaro: sia la critica che il pubblico hanno i fari puntati sui Post Nebbia da diverso tempo: dal 2018 – anno dell’uscita di Prima Stagione, nonché loro primo lavoro – ad oggi si sono imposti come una delle band più giovani e promettenti in circolazione. I quattro ragazzi padovani emergono dalla scena adriatica per ritrovarsi proiettati sul mercato nazionale nel giro di un anno. Merito di un album ben strutturato e dall’impronta tanto forte da scavare un solco deciso nell’immaginario, nella sensibilità e nell’ascolto di chi dedica loro un minimo di attenzione. Non è ancora un lavoro maturo, ma le aspettative diventano subito molto alte.
La band merita davvero una menzione speciale: parliamo di un sound pieno di dettagli tecnici e dal gusto raffinato, arricchiti dalla loro autoproduzione rozza e controtendenza. Ora che si tende a preferire prodotti rifiniti e puliti, offrono davvero qualcosa di diverso. Una scommessa vinta: ogni brano suona autentico e moderno. Alle spalle un bagaglio culturale introspettivo e autocritico che inesorabilmente li spinge a denunciare il tipico disagio da consumismo televisivo. Chi meglio di ragazzi del ’99 può raccontarlo? Impossibile fraintenderli, anche se dietro le immagini assurde nascondo temi più classici. Con Canale Paesaggi i Post Nebbia aggiungono un tassello importante sia alla loro carriera, sia alla loro comunicazione “telematica”.
Diretti nel loro descrivere situazioni tra il quotidiano e l’assurdo, seguendo le tastiere acide, il basso saturato e le chitarre che suonano tanto new wave, si ritrovano in accenni ad un altro fenomeno spiccatamente generazionale: la comicità americana. Quella alla Enric Andre, alla Tim & Ric etc. Prendono ispirazione anche da David Foster Wallace. Dall’immaginario del cinema anni ’70 assorbono infine un senso estetico, esplicitato anche in alcuni loro video, oltre che testi.
L’album dei Post Nebbia – che possiamo definire un concept album – è presentato attraverso i tre singoli: Televendita di quadri, Vietnam e Persone di vetro. Questi offrono uno spiraglio raffinato rispetto a quello che propone nella sua interezza il disco. Una forte impronta psichedelica di stampo internazionale (vedi Tame Impala e MGMT) che incontra ritmi serrati e decisi. Alcuni brani uniscono il lo-fi al pop attraverso il largo utilizzo di synth, impreziositi da scelte accattivanti per quanto riguarda il sound. L’originalità sta nel loro suonare fuori da uno studio, completamente homemade. L’attenzione è catturata anche dal vasto suono del basso, che conduce la ritmica con note ampie, decisamente più vicino al funk: pare strizzare l’occhio a tutta quella che, generalmente, viene definita “musica nera”. La chitarra abbonda di chorus, ondeggiando tra il rock, il pop e il lo-fi senza mai esagerare; anche quando accenna a lampi di virtuosismo.
Le batterie groovy si spingono tra l’hip hop e la wave anni ’80 alla Devo, preferendo suonare “giuste” sposandosi in maniera ottimale con il resto del groove. Il cantato in italiano descrive suggestioni surreali con immagini appetibili e di facile comprensione, ma dai contorni sfuocati. Il largo utilizzo di effetti riesce a suggestionarne la nostra percezione: da una parte sembra parlarci direttamente da dentro la testa, dall’altra parte sembra provenire da un’altra stanza, probabilmente filtrata attraverso uno schermo. Il respiro registrato, che molto spesso viene addirittura valorizzato, è un tocco di classe che dà veridicità e spontaneità al prodotto finale. Non è cosa da tutti. Canale Paesaggi dei Post Nebbia, in definitiva, è un trip che esplora l’esperienza emotiva e sensoriale dello spettatore telematico.
Il primo brano, che da nome all’album, è un’intro di provincia. Il gracchio impolverato della voce narrante appare poco più che una citazione, ma in realtà funge da guida sino allo stacco deciso, come un cambio di canale repentino, che ci porta alla già nota Televendita di quadri. La mia bolla prosegue sulla falsariga del pezzo precedente, stesso ambient anche se stavolta risulta meno rassegnato e più innervosito o agitato dalla consapevolezza d’essere uno spettatore-merce. Ancora una volta il cambio soft viene spezzato dall’entrata del basso in Vietnam, forse il pezzo che nasconde più sorprese al suo interno. Il gioco tra scenari assurdi e casalinghi, pure un po’ vintage, rafforza una leggera inquietudine, la stessa che sale quando non si riesce a dormire la notte. Streaming invece è lo spartiacque nel disco, descrive perfettamente, tramite l’abbondante utilizzo di tastiere, una situazione a noi piuttosto comune: scegliere l’intrattenimento. Lo fa perfettamente, senza forzature o fatiche. Arriva quindi Persone di vetro, altra nostra vecchia conoscenza, che annuncia le vere novità. Proprio il brano successivo, Interlance, è quello che aspettavamo. Vero lo-fi di qualità, sposato a ritmiche originali, merito di un gran respiro nella produzione rock. Pare quasi fatta in garage ma con un gusto raro da trovare oggigiorno. La chitarra suona pienamente 70s in chiave rivisitata, dategli un ascolto in più. Luminosità alta è il penultimo brano. Forse ricorda parecchio Vietnam, come suoni e scelte strutturali, ma le sensazioni suscitate si sposano maggiormente con quelle versioni vaporwave della cedrata Tassoni. L’ultima traccia è Nuoto sincronizzato. Una conclusione degna e più azzardata rispetto alle precedenti, con influssi molto più black nella struttura.
Canale Paesaggi è come Blob. Un filtro che ci mette di fronte all’evidenza di una realtà ormai sopraffatta dalla rappresentazione. Descrive un mondo dove è difficile dividere il necessario dal superfluo, raccontando il dramma di doversi confrontare con temi complessi e profondi attraverso la superficialità di uno schermo. Non è un ascolto semplice. È un’opera complessa. Un’opera sperimentale, che rafforza il genio psichedelico di Carlo Corbellini. Riesce a tenere uno stile coerente e in continuità con il disco precedente, senza scadere mai nel ripetitivo. Il timbro dei Post Nebbia è sempre più sinonimo di garanzia.
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