Le scarpe che si incollano ai pavimenti appiccicosi, i drink annacquati che finiscono troppo presto, muoversi scoordinati ma chissenefrega e ballare lo stesso. Gli angoli bui dei club ed i riti della notte mancano ormai un po’ a tutti, sicuramente anche a James Blake, che si ritrova lontano dai palchi e dalle piste da ballo perché, come ognuno di noi, ha i propri dpcm cazzi&mazzi a cui render conto.
Il producer ha una grande mancanza, un vuoto pneumatico che non è stato colmato né con Are You Even Real né con Godspeed. Quello dell’inglese è un bisogno quasi vitale di energia, di presabbene da dancefloor che nemmeno le collaborazioni con Bon Iver, slowthai, Mount Kimbie, Frank Ocean e Kehlani hanno saziato.
Before è una supplica straziante, una richiesta disperata di quell’euforia da dancefloor che a Blake manca tanto, se non troppo.
Con il nuovo EP, il produttore inglese vuole tornare ai tempi delle sigarette fumate fuori dal club e dei cassoni dritti che fanno vibrare il torace: non è un caso se tornano alla mente i suoni dei suoi primi lavori, come i tanto amati minimalismi e le manipolazioni vocali di CYMK.
Cosa è cambiato da allora? Sicuramente il fatto che il produttore è oggi più consapevole di sé e dei suoi limiti, più abile nel tagliare e cucire la propria voce armonizzando le imperfezioni, camuffandole in eleganti rese stilistiche, come accade in Summer Of Now, la traccia finale dell’EP che è anche quella più rappresentativa del cambiamento di Blake: “siamo entrambi così diversi ora” ripete l’inglese prima di spiccare il volo tra ritmi sempre più delicati e melodie oniriche.
Con Before, il buon vecchio James Blake non si dimentica del percorso di crescita artistica e personale che ha compiuto, cosa che forse ha già fatto l’ascoltatore più disattento, lasciando finire un album tanto bello quanto sottovalutato come Assume Form nel dimenticatoio. Blake è consapevole che la ricerca di sé è un processo in continua evoluzione: nella frenetica I Keep Calling (scritta con Charlotte Day Wilson) il producer si racconta incompleto, si strazia perché non trova pace e urla al mondo il suo dolore: “I keep calling your heart, oh, let it ring if I’m falling too hard” canta prima che i ritmi garage aumentino e i synth lo travolgano.
Le sue insicurezze – “do you ever think about me?” – emergono anche in Do You Ever: i campioni vocali si fanno largo tra ritmi serrati e minacciosi, sgomitando tra i sintetizzatori come se fossero in fila per entrare nel club, pronti ad esplodere una volta dentro, immersi tra fumi, laser, distorsioni e dubstep di sfondo.
Nella title track dell’EP, James Blake si ferma per riflette ancora una volta su se stesso, suggerendo che “must be in pain cos I’ve never needed anyone before”. No, tranquilli, non è che va tutto male: come dice lui stesso “nothing’s in vain cos I’ve never had it as good before”.
In un altro mondo questo EP sarebbe la colonna sonora perfetta per un viaggio verso casa, tornando dal club, infastiditi dal bagliore delle prime luci del mattino, con le orecchie che ancora fischiano dopo la nottata passata sotto cassa.
Fino a quando non potremo rivivere quei momenti, il nuovo lavoro di James Blake resta un grande promemoria dei giorni di gloria che ci riserva il futuro. Ma dicono che l’attesa del piacere sia essa stessa il piacere.
Ecco perchè Before ci piace così tanto.
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Una risposta a “James Blake con «Before» ci riporta nei club”
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