Se siete dei veri rappusi per forza di cose sarete cresciuti con le rime e l’attitudine di Jake La Furia, dai tempi in cui si chiamava Fame alle hit dei Club Dogo fino ad arrivare ad oggi, in cui lo abbiamo sentito spesso in featuring o su brani raggaetton (che agli affezionati probabilmente non saranno piaciuti). Se siete fan del rapper milanese sono sicuro che la voglia di aver nelle cuffie un suo lavoro propriamente rap sarà alle stelle (l’ultimo disco è Fuori da qui e risale al 2016) Beh, fortunatamente ad essere fan de La Furia è anche un ragazzo di nome Emiliano Giambelli, forse lo conoscete meglio come Emis Killa.
Ebbene sì, è in arrivo un joint album tra due pesi massimi della scena rap italiana, il titolo è 17 e sulle piattaforme musicali potete già gustare il primo singolo: Malandrino.
Devo dire che le aspettative sono altissime e ad indurle ci sono molti fattori: il peso dei loro nomi; la profonda stima ed amicizia che li lega; il fattore joint album che in passato ci ha regalato perle come Santeria; l’appartenenza alla “scuola delle rime” e la comune opposizione a certe “finzioni” della nuova scuola (a volte estremamente accentuata dalle dichiarazioni sui profili social dei due, oltre che nei pezzi).
Ma passiamo a considerare il singolo, che è sempre da prendere un po’ come un biglietto da visita per il disco a venire.
Mi tocca dir la verità, ascoltando Malandrino non si rimane a bocca aperta, forse proprio perché le aspettative sono tante. Va detto che è sicuramente un bel brano, deciso, adrenalinico e con un sound e un ritornello che a tratti sembrano far conciliare bene il nuovo stile con quello dei primi duemila. La produzione di Low Kidd è aggressiva come al solito e si ha l’impressione che i bassi possano far crollare le pareti da un momento all’altro. Nonostante ciò, non c’è molto che possa davvero sbalordire. Il brano è una sorta di flash back nostalgico (espediente narrativo che Emis e Jake hanno spesso utilizzato anche singolarmente) in cui i due ricordano l’impatto che un certo “stile di vita da malandrino” ha avuto sulle loro coscienze. Cantano “Volevo fare il malandrino“, citano Spadino di Suburra, Il Padrino, Quentin Tarantino e tutti i modelli stereotipati della vita criminale ormai da tempo abusati nel genere. Un po’ di sboronate qua e là e ancora una volta ci ricordano che sta roba di strada loro la facevano prima ancora che andasse di moda e venisse spiattellata, spesso in modo fittizio, sui social.
Quel che mi viene da pensare è che questo singolo vada letto come una rivendicazione di un certo statuto di credibilità a fronte di tutte le “pagliacciate da Instagram” dei colleghi più giovani per guadagnare un po’ di attenzioni. E ciò va bene, fa bene ed è una buona bandiera da portare in alto, ma un po’ di amaro lo si ha comunque, perché dal brano non sembrerebbe emergere niente di troppo diverso e innovativo, specie se si pensa alle strofe dei due (in particolar modo a quelle di Jake) che sono uscite nell’ultimo periodo. La mia paura è che tutto l’album presenti ridondanze di questo tipo. Ma sono fiducioso, staremo a vedere.
D’altronde ci sono molte note positive che danno man forte alle mie speranze. Ad esempio, la citazione a Neffa ne Lo straniero: “Quando andavo a scuola da bambino, la gente nella classe mi chiamava malandrino” (invece che marocchino), che sembra quasi un indizio per comprendere quale sarà la vera direzione del disco, ovvero quella di un album crudo e pieno di rap. La conferma di ciò arriva dallo stesso Emis Killa che, rispondendo alle domande dei fan su Instagram, dichiara 17 essere l’album rap più riuscito della sua carriera e che, paragonato alle altre tracce, Malandrino sarebbe il brano con le sonorità più vicine alla trap.


Del resto, Jake ed Emis hanno dato spesso prova della versatilità delle loro penne, per questo so che posso permettermi di sperare. In più l’affinità tra i due è davvero tanta, basti ricordare Fuoco e Benzina in cui Emis rappò un testo scritto proprio da Jake. Ciò la dice lunga sul loro rapporto, dato che sappiamo benissimo quanto in Italia sia difficile accettare a cuor leggero che un rapper canti il testo di un altro rapper. Inoltre, può facilmente farci immaginare quanto sia stato spontaneo e creativo il metodo di lavoro adottato per portare a termine 17.
Le carte in tavola per un disco che rimarrà ai posteri sembrerebbe ci siano, aspettiamo di vederle scoperte. Io, comunque, una bella puntata da scommettere la preparerei.