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«Non dire una parola» di Sativa Rose, tra synth-pop e cantautorato

Esce oggi Non dire una parola il nuovo singolo di Sativa Rose, all’anagrafe Alessio Mazzeo. Questa ultima uscita è un brano pop raffinato che conferma le grandi doti di scrittura del cantautore romano: attraverso l’utilizzo di un sound e un’estetica in bilico tra synth-pop e cantautorato moderno, racconta di un incontro con una persona ormai uscita dalla sua vita e, con tono un po’ ironico e un po’ provocatorio, inizia a indagare sullo stato attuale delle cose, arrivando chiaramente ad un paragone col passato. Non potevamo non cogliere l’occasione di intervistarlo!

Ciao Alessio! È appena uscito il tuo ultimo singolo Non dire una parola per Grifo Dischi, che parla di un incontro fra due persone, tema che ritorna, come nei precedenti brani, in maniera quasi episodica e spesso provocatoria. Queste situazioni sono del tutto slegate fra loro? Quanto c’è di personale nei tuoi racconti?

Ciao ragazzi e grazie per l’intervista. I miei testi sono spaccati di esperienze di vita vissuta, e più che racconti spesso sono veri e propri resoconti. Collage di sensazioni e di immagini che hanno significato qualcosa, che sono riusciti a rimanere impressi nella mia mente e nei miei ricordi, molte volte con tanto di immagini a colori. Non dire una parola, in particolare, è un tête-à-tête che nasconde parole non dette e sentimenti non sbocciati, repressi e compressi da qualche parte, ma sempre pronti a riaffiorare. Un capitolo rimasto aperto.

In questo genere di esperienze, il tempismo e le contingenze sono fondamentali per far sì che un rapporto si trasformi in qualcosa di più. La mia generazione ha questa convinzione distorta che nella vita ci sia sempre tempo per tutto, che si resti ragazzi fino a quarant’anni e oltre. L’ansia di vivere, di realizzarsi, e di collezionare esperienze sempre nuove, lascia per strada occasioni mancate, a livello relazionale; aspetti spesso sottovalutati e relegati in secondo piano, ma di cui ci rendiamo conto di avere un disperato bisogno, soprattutto quando la musica si ferma e restiamo soli con noi stessi. “Siamo giovani, abbiamo tutta la vita davanti, c’è tempo e ci sarà sempre”, ma in realtà non è così.

A livello di sound, ci sembra tu abbia intrapreso una strada precisa: urban, synth-pop e cantautorato moderno, ben amalgamati fra loro. Anche l’estetica delle cover segue una linea specifica. Quanto è importante per te curare nei minimi dettagli il progetto e a cosa tieni di più?

L’aspetto grafico di questo album lo ha curato Enea (Fiorucci), che è il mio manager. Non so come lo avrei impostato io, probabilmente diversamente, ma è chiaro che ognuno abbia una sua personale espressività. Tuttavia, dato che nella mia produzione la figura femminile è sempre centrale, ritengo che il lavoro grafico sia coerente e calzante. Che assecondi in qualche modo la parte musicale, dando uniformità d’insieme. Dopotutto il progetto porta il nome di una pornostar, per cui uno dei miei principali obiettivi è quello di dare tridimensionalità alla figura femminile, sposando il contrasto corpo oggetto/ figura ispirante. Inoltre questo periodo particolare ha lasciato ampio margine all’improvvisazione. Senza questa emergenza le cose si sarebbero svolte in maniera differente, ma questo ha consentito di fare di necessità virtù.

In termini artistici, la cosa a cui tengo di più è il risultato. Inteso come somma di testo e musica, che dovrebbero sempre essere un’estensione naturale della mia personalità. Sto progressivamente abbandonando la cura maniacale di ogni aspetto, perché è un processo che può rivelarsi frustrante, sia per me sia per chi lavora al mio fianco; oltre che causare l’allungamento dei tempi, non permettendo di fatto alle persone coinvolte di lavorare in autonomia. Ho sperimentato a mie spese come un controllo eccessivo della produzione (intesa a tutto tondo) non lasci effettivamente spazio ai contributi dei singoli, che possono arricchire il progetto con l’apporto di sfaccettature differenti, provenienti da sensibilità e prospettive diverse. In termini di sound, non cercherei di imbrigliare il progetto all’interno di etichette. Interpreto sempre il progetto in divenire, senza ingabbiarmi all’interno di cliché, che potrebbero limitare o mortificare il processo di ricerca sonora. Quindi questo disco avrà un sound portante e unificatore, ma ad esempio il prossimo, su cui sto lavorando adesso, avrà una chiave di lettura differente, che preserverà ovviamente la mia cifra stilistica, ma che punterà ad evolverla, dando a Sativa Rose un respiro più ampio ed un sound differente.

 
 
 
 
 
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Pensavo di raccontarvi un’ultima storia prima dell’estate… Venerdì 24 luglio esce “Non dire una parola”, spero vi faccia cantare ☀️🌊 @grifodischi @artistfirst.it @sputnikmgmt x @peermusicitaly @rcwaves @spotifyitaly #grifodischi #nondireunaparola #sativarose

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Quali sono i tuoi ascolti più frequenti? Consigliaci un disco uscito quest’anno che ti ha colpito.

I miei ascolti spaziano molto, dalla musica classica alle sonorità vintage degli anni ’60 e ’80, fino a quelle attuali e attualissime dell’elettronica e della musica indipendente (in senso lato), principalmente di matrice anglosassone o francese; mi piace anche molto la musica d’ambiente. Vado a periodi in termini di ascolti; attualmente sto ascoltando molto il primo disco di Cuco e dj poolboi; e in generale sono in un periodo in cui ricerco l’atmosfera in un brano.

Per quanto riguarda le uscite di quest’anno… italiane i Tropea probabilmente, estere Grimes e Nicolas Jarr, anche se il cuore vorrebbe poter dire gli Strokes. Ad ogni modo brani eterogenei, anche se avrei difficoltà a trovare un album uscito quest’anno che potrei sentire dall’inizio alla fine senza skippare nemmeno una singola traccia… Ritengo comunque che parte delle release previste per il primo semestre 2020 restino latenti in attesa di tempi migliori, che consentano a queste uscite di essere accompagnate da tour.

Non dire una parola anticipa il tuo nuovo disco Rumore Bianco: un titolo curioso, puoi anticiparci qualcosa sulla scelta del titolo e che concept ci sarà dietro a questo lavoro?

Come spesso accade in Sativa Rose, Rumore Bianco gioca sul doppio senso. Principalmente è il suono di cui sono dipendente, che mi consente di addormentarmi serenamente e di rilassarmi nei momenti di stress.

Rumore bianco, però, è anche una sintesi, nel senso che la maggioranza delle dinamiche evidenziate nei miei brani sono figlie del “caos” (rumore) esistenziale del mondo borghese occidentale (per prassi assimilabile alla figura dell’europoide bianco). Come in Bandiera Bianca di Battiato, “com’è difficile restare calmi e indifferenti mentre tutti intorno fanno rumore”.

Le tematiche di cui parlano i miei brani, infatti, sono tutte abbastanza riconducibili ad un certo tipo di ambiente e ad un certo tipo di background; si rivolgono ad un determinato tipo di ascoltatore e rappresentano disagi e sensazioni condivise e condivisibili da una certo tipo di persone. Ho molti dubbi sul fatto che la mia produzione possa trovare contestualizzazione in ambienti e comunità diverse da quelli di cui parlo, e a cui mi riferisco. La matrice catalizzatrice nei miei brani è coerente con il mio vissuto ed il mio spaccato sociale, sinceramente avrei difficoltà a parlare di qualcosa che non mi appartiene, né avrei intenzione di farlo. Oltre a questo, c’è da dire che anche l’imprinting musicale è tipicamente “bianco”.

Cos’è cambiato in Alessio tra i primi lavori e Rumore Bianco? E nell’approccio alla scrittura e alla produzione dei brani in Sativa Rose?

Non saprei. Prima componevo di più in sala, mentre adesso mi basta anche il computer ed un paio di ore libere. In generale, probabilmente è cambiata la maturità nell’approccio; che si declina anche nella serenità di non ricercare spasmodicamente di allinearmi alle mode, scegliendo di rimanere indipendente in tutto e per tutto, dal sound ai testi, anche a discapito degli ascolti, pur di riflettere qualcosa che mi appartenga realmente. Detto questo, il progetto è sempre in trasformazione. Ogni lavoro – inteso come album – suonerà diversamente dal precedente, in una costante evoluzione; pur mantenendo al suo interno una coerenza specifica e restando legato agli altri, in termini macroscopici, grazie ad una cifra stilistica personale e caratterizzante.

Il featuring dei tuoi sogni?

Questa è una domanda che mi sento rivolgere spesso… generalmente rispondo Tommaso Paradiso come italiano, per la vicinanza di immaginario, e Julian Casablancas come straniero, per il simile approccio melodico… ma in realtà sarebbe per me molto stimolante anche mettere la voce su una base creata da altri, possibilmente a connotazione elettronica; oppure mettere a disposizione di qualche cantante una mia composizione… Ovviamente ho dei nomi in mente, ma siccome è un aspetto che stiamo già approfondendo con l’etichetta, meglio non fare nomi.


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