Non solo Sigur Rós e Björk: il paese scandinavo è una fucina di talenti musicali, anche per quanto riguarda l’hip hop. Un viaggio alla scoperta dei nomi più importanti del rap islandese
Non è un mistero: se c’è una nazione europea che nel corso del tempo ha conosciuto una popolarità crescente in termini turistici e non solo, quella è l’Islanda.
Sul Facebook italiano esiste addirittura un gruppo dedicato all’argomento e popolato da oltre 23.000 appassionati di questa remota terra scandinava, che di abitanti ne conta poco più di 360.000. Un numero esiguo, nonostante l’isola, situata nel mezzo dell’Oceano Atlantico a poca distanza dal circolo polare artico, occupi una superficie maggiore di quella dell’Irlanda. Paesaggi lunari e fenomeni naturali dal fascino unico come i geyser hanno fatto la fortuna di questa gelida nazione dove le stagioni sono solo due, i cognomi non esistono e oltre un terzo della popolazione vive nella capitale Reykjavík, principale centro economico e culturale del paese.
Al di là delle spettacolari coste, delle cascate mozzafiato e dei ghiacciai millenari, un fattore che ha sicuramente contribuito alla notorietà della nazione è la sua scena musicale. Gli appassionati non potranno fare a meno di pensare a giganti come Björk e Sigur Rós, ma la band post-rock e l’ex frontwoman degli Sugar Cubes non sono gli unici artisti degni di menzione di questo paese. Basti pensare al compositore di fama internazionale Ólafur Arnalds, all’elettronica minimale dei múm al compianto Jóhann Jóhannsson (candidato all’Oscar e autore di colonne sonore per pellicole come La Teoria del Tutto), a Ásgeir Trausti – tra i nomi più interessanti del new folk mondiale – o alle sonorità synthpunk dei decimi classificati all’Eurovision del 2019, gli Hatari. Un breve elenco che ci permette di capire come a dispetto di una popolazione estremamente ridotta, l’Islanda possa vantare un’elevata concentrazione di artisti che da sempre si distinguono per l’originalità della proposta, la qualità dei pezzi ma soprattutto la capacità di catalizzare l’attenzione di critica e pubblico a livello internazionale.
Meno nota è forse una scena che in tempi recenti ha vissuto uno sviluppo portentoso, seguendo i trend mondiali da tempo sotto gli occhi di tutti: quella rap/ trap, che anche nel nord Europa ha attecchito regalandoci alcune delle realtà musicali più interessanti del continente, tra cui non si può non menzionare Yung Lean. Una rapida ricerca dei nomi attivi nella scena rap islandese permette subito di capire come la lingua madre sia quella preferita per i testi: un elemento che sicuramente può costituire uno scoglio non indifferente per l’ascolto di un genere fatto al 50% di beat e per la restante metà da una parte vocale. Ma se si lascia da parte la diffidenza nei confronti di questa antichissima lingua norrena, si avrà modo di scoprire un campionario di artisti dal sound fortemente riconoscibile ed estremamente variegato.
Partendo dalle sonorità più old school, meritano sicuramente una menzione gli XXX Rottweiler, storica crew del rap islandese salita alla ribalta nel 2000 e divenuta un punto di riferimento per le successive generazioni di rapper islandesi grazie a punchline e flow aggressivi, che riportano immediatamente alla mente l’hip hop americano delle origini per metriche e produzione.
Se non siete dei puristi e cercate qualcosa che si avvicini maggiormente alle tendenze attuali, un nome da tenere d’occhio è sicuramente quello di Aron Can: classe 99, figlio di un ristoratore emigrato dalla Turchia, è stato nel 2017 l’artista più ascoltato della nazione e conta oggi una media di 45mila ascoltatori mensili su Spotify. Un numero che di certo impallidisce di fronte alle cifre dei trapper nostrani, ma che se rapportato alla popolazione totale dell’isola non lascia indifferenti.
Il motivo di tale successo è presto detto: dovendo descrivere il sound di Aron Can potremmo parlare di un incrocio tra il pop/ soul di The Weeknd e le ultime tendenze della trap mondiale, proposte nella lingua natale dell’artista. Se faticate a immaginare di cosa si tratti, il pezzo Fullir Vasar (letteralmente “Tasche Piene”) potrebbe aiutarvi a schiarirvi le idee: qui una produzione senza nulla da invidiare alle hit internazionali del genere si unisce a un flow avvolgente e a una melodia non poco accattivante.
Un sound fresco e saldamente radicato nelle contemporaneità che con l’album Ínótt ha definitivamente consacrato il giovanissimo (all’epoca appena diciottenne) come uno dei nomi più importanti della scena discografica del paese, permettendogli di riscuotere un notevole successo di pubblico e di siglare numerose collaborazioni con nomi di rilievo della scena rap islandese.
Altro nome degno di menzione è quello di Emmsjé Gauti, che con la sua mescolanza di rap vecchia scuola e sonorità più attuali si conferma come uno tra i nomi di punta del genere: nato nel 1989, dopo un’esperienza all’interno dei gruppi 32c e Skábræður ha avviato nel 2010 una fortunata carriera solista, pubblicando brani divenuti autentici successi patria come Reykjavík, contenuto nel disco del 2016 Vagg & Velta.
Più di recente un nome che si è fatto largo nella scena dell’isola a colpi di rime è quello di Joey Christ, che dopo l’esordio solista nel 2017 ha rapidamente guadagnato un largo seguito in patria, distinguendosi per un approccio musicale coinvolgente e personale grazie al mix tra pop, rap e produzioni al passo con i tempi correnti: il video del singolo Píla in compagnia del connazionale Lil Binni ed estratto dall’album Bestur rilasciato lo scorso giugno, è una piccola perla di originalità. Anche per lui la lista di collaborazioni all’attivo è lunga, e al suo interno spiccano nomi noti della scena islandese come Sturla Atlas, Birnir e Floni.
Se invece prediligete le sonorità cloud rap affermatesi nel corso degli ultimi anni, un nome da tenere a mente è quello di GKR: il singolo GLEÐI rilasciato a maggio è un ottimo biglietto da visita per l’artista classe 1994, che con due album e numerosi singoli alle spalle propone un mix tra le suggestioni del Soundcloud rap e l’elettronica, riflettendo in maniera ideale lo spirito misterioso di questa terra di ghiaccio e fuoco, dove accanto alle eruzioni vulcaniche ribolle il magma incandescente di una creatività artistica con pochi paragoni.
Se siete alla ricerca di qualcosa di nuovo con cui riempire i vostri ascolti quotidiani e la lingua dei vichinghi non vi spaventa, troverete sicuramente pane per le vostre orecchie.
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