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«Mr. Fini» è veramente il disco rap di cui avevamo bisogno

mr. fini

Sapete al giorno d’oggi cosa basta per capire se un disco è veramente figo? Beh, banalmente che lo ascolti tutto quanto, senza skip o mollarlo a metà, come sempre; ma, in questo periodo storico dove siamo invasi da uscite ogni venerdì, il riascoltarlo più volte per intero anche dopo la prima settimana di uscita, cosa che diventa sempre più complessa con gli album più recenti (“Quanto dura un disco rap oggi? Una settimana” diceva un incazzato E-Green in tempi non sospetti). Ed è esattamente questo che mi sta accadendo come Mr. Fini, l’ultima fatica di Guè Pequeno e che effettivamente mi capita pressoché con ogni suo disco (Sinatra escluso, ma vabbè son gusti). Ed è per questo che mi ritrovo a parlare di questo disco dopo una settimana e innumerevoli ascolti, per riuscire ad assimilarlo al meglio, altrimenti mi sarei trovato come tutti a dover parlare delle sue dichiarazioni su altri rapper e improbabili accuse di omofobia e altro, polemiche che possono giusto interessare chi ha iniziato ad ascoltare rap per moda l’altro giorno e si stupiscono che un rapper faccia “cose assurde” tipo dire cose “scomode”.

Quindi basta preamboli. Com’è questo Mr. Fini? Risposta: è probabilmente il disco più adulto di Guè Pequeno ad oggi. Chiariamo questo punto. Guè ha sempre fatto dischi tutto sommato anche sovversivi, cioè che per ogni pezzo tra i migliori della sua carriera c’era sempre il corrispettivo più “infantile” e “sborone” a fare da contraltare. Per fare un esempio concreto parlo di pezzi come Il Drink e La Jolla, La Mia Ragazza è Gangsta (da Bravo Ragazzo), Grezzo, XXX pt. 2 (Il Ragazzo D’Oro), Bosseggiando, Nouveu Riche (Vero), La Mia Collana, Guersace (Gentleman). Tutti pezzi che fatti da chiunque altro sarebbero risultati imbarazzanti, fatti da Guè sono fighi, ci stanno, si sposano con la sua personalità che li rende credibili. Ecco, in Mr. Fini non c’è nessun pezzo del genere. Per la prima volta un disco di Guè ha un taglio e un mood totalmente più cupo: non c’è il pezzo completamente frivolo e cafone, anzi i pezzi più tamarri hanno comunque un taglio profondo (Medellin, Cyborg, Ti levo le collane). Qualcuno potrà obiettare che, rispetto ai lavori precedenti, ci sono molti più singoli estivi, ma pezzi come Chico, Saigon, 25 Ore, Dem Fake, non me li vedo come tracce pompate dai locali in spiaggia per far ballare la gente, hanno comunque una malinconia di fondo; non ce lo vedo Guè che pensa “ok, serve un pezzo per l’estate”, sono pezzi credibili, fatti per la voglia di fare, per la propria passione musicale, non a tavolino. Certo, si potrebbe anche obiettare che si sente la mancanza del pezzo “arrogante”, della Business o Squalo di turno, ma Mr. Fini sopperisce a questa mancanza con pezzi che probabilmente sono tra i più “sentiti” della carriera di Guè sul piano lirico. Parlo di Stanza 106, Immortale (con la partecipazione di uno Sfera Ebbasta che si cimenta in un ritornello diverso dal solito, davvero ben fatto) e Il Tipo, forse il mio pezzo preferito dell’album, puro storytelling alla Guè 100%.

Guè Pequeno – Saigon

Certamente ci sono delle note negative, la maggior parte delle quali riguardano le collaborazioni. Alcuni esempi: Tardissimo con Takagi & Ketra e Mahmood è un pezzo pretenzioso che pecca di superbia, e vede la presenza di un Marracash semplicemente di troppo. Carl Brave in Parte di Me oltre alla mera presenza non dà alcun valore aggiunto al pezzo. Lazza fa semplicemente il Lazza, solito modo, solita cosa, per carità bello eh, ma contando che sarà il 15esimo disco dove lo troviamo di recente sarebbe carino sentirlo fare qualcosa di diverso. Per alcuni, come dicevamo prima, la carenza di banger e di beats adatti allo scopo può essere un problema, ma personalmente la trovo una scelta stilistica che funziona. In ogni caso sono sottigliezze prettamente soggettive, che non vanno a minare la qualità complessiva del disco.

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Quindi, cosa aggiungere? Personalmente Mr. Fini è uno di quei dischi di cui c’è ancora bisogno, o perlomeno quei dischi di cui quelli come me (quasi 30enni che ancora credono nel rap) sentono il bisogno. Un disco adulto, credibile e ben fatto che alza l’asticella e pone le distanze tra chi in questo gioco c’è da anni e chi ci arriva ora sperando di diventare il nuovo personaggione sulla cresta dell’onda. Un disco che, come l’artista che l’ha concepito, se ne fotte delle tendenze perché è lui stesso la tendenza, e quindi può permettersi un disco corposo che non strizzi apertamente l’occhio alle classifiche Spotify (e comunque mentre scrivo vedo che è appena finito primo in FIMI). Mr. Fini è un disco fatto prima di tutti per chi ama il rap e si sente, non è paraculo e quindi forse non godrà di tutta l’esposizione di altri dischi rap che ogni tanto si genera per moda (sì, penso a Persona di Marracash… se chi fino a ieri ascoltava i The Giornalisti all’improvviso si riscopre fan di Marra, se non è per moda allora non so cosa sia). Ma non ha importanza, è sicuramente quel passo in più e quel salto di qualità necessario per un rap adulto anche nel nostro Paese. Finalmente.