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«PURO SINALOA» DI ERNIA, IL TRIBUTO RIPULITO AI CLASSICI

gemelli puro sinaloa

Ok, questo di base è quell’articolo dove confronti il remake di un pezzo storico e iconico con quello originale e finisci per sembrare il solito vecchio di merda. Facciamo un passo indietro e diamo un po’ di contesto: da qualche giorno Ernia è fuori con il suo terzo disco Gemelli, un lavoro sicuramente ben fatto di un artista con diverse doti e potenzialità, ma non approfondiremo tutto il disco oggi. Quello che mi ha colpito è un pezzo in particolare del disco, Puro Sinaloa che, come fa intendere il nome, vuole essere un tributo alla storica Puro Bogotà dei Club Dogo – pezzo simbolo del gruppo, del rap di quegli anni e, mi permetto di dire, di un’intera generazione cresciuta a pane e Dogo gang e impreziosito da un videoclip oserei dire iconico. Vincenzo da Via Anfossi sopra il carro armato a Budapest… ripeto: Vincenzo da Via Anfossi sopra il carro armato a Budapest.

Oltre Ernia, Puro Sinaloa vede la presenza dei colleghi Tedua, Rkomi e Lazza, il beat è quello originale di Don Joe e chiaramente le strofe dei quattro sono incentrate su molteplici citazioni all’illustre antenato. Chiariamo subito: concettualmente tutto questo è una figata. Trovo che sia una bomba che rapper giovani decidano di dedicare un tributo a un pezzo e un gruppo con cui probabilmente sono cresciuti, mi sembra una cosa talmente reale e genuina che proprio voglio approvare a priori, mi viene da immaginarli tutti in studio che si gasano a fare questo pezzo.

E alla fine infatti è pure un pezzo riuscito, le storiche barre di Guè, Jake e Marra vengono reinterpretate (“Fai il Vip nei siti, noi vip nella city” diventa “Tu fai il vip su IG, noi vip al TG”) e il risultato è un piacevole effetto nostalgia. Eppure manca qualcosa, un qualcosa che non è nemmeno imputabile a Ernia, Rkomi Tedua o Lazza. Forse è più un discorso di contesto storico. Mi spiego: anno 2020, il rap e la trap in italia sono tra le cose più “pop” che ci siano; anno 2007, il rap è un genere prettamente underground (e se lo ascolti sei considerato pure un po’ sfigato), i Club Dogo sono tra i primi a firmare in major ma sono ancora mosche bianche. E a giudicare dai video estratti dal loro disco Vile Denaro (uscito per Virgin) direi che non avessero chissà quali budget a disposizione, perché per l’etichetta non era per niente sicuro che questo progetto sarebbe stato di successo, molti non credevano nel rap. Sembra una cazzata, ma in realtà fa molto. Ora, l’attuale Puro Sinaloa non è accompagnata da un videoclip (per il momento) e magari sono influenzato da quello di Puro Bogotà, ma quello che attualmente non riesce a restituire questo rifacimento è un fondamentale mood crudo e sporco.

I quattro ragazzi sono bravi, rifanno le barre dei loro idoli (anche se, escluso Tedua che forse ci pensa dicendo “chili nel cruscotto”, nessuno si preoccupa di citare Enz Benz… Male male) però coi loro stili, i loro flow e delle liriche anche ricercate, lo fanno risultare un pezzo quasi fighetto. Il Puro Bogotà originale, invece, è dei Dogo prima della vera fama, quando erano sporchi e affamati e grezzi. E tutto questo trasudava da ogni barra e da tutto il loro immaginario dell’epoca. E forse era esattamente questa tutta la magia.

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