In attesa del nuovo decreto di metà giugno ci sono date già annunciate per un’estate che ce la sta mettendo tutta per non rimanere senza eventi. Per questo una delle prime date recuperate spicca nel marasma dei dubbi degli organizzatori di tutta Italia. Si tratta degli Inude, che si esibiranno live il 20 giugno al Mercato Nuovo di Taranto. Ne abbiamo parlato con Alessandro Gatto, alias Nagni, di Vox Concerti, con cui abbiamo discusso anche della situazione attuale del mondo della musica, tra live in streaming e riconoscimento da parte delle istituzioni.
Di cosa ti occupi all’interno del mondo della musica?
Sono il titolare di VoX Concerti, e mi occupo di organizzazione e promozione di tour di artisti. Faccio questo da sei anni e voglio continuare a farlo nonostante la crisi. In questo periodo si cerca il modo di rimanere in piedi sapendo che nei prossimi mesi non sarà possibile ragionare sul mondo dei concerti come in passato: ma con ingegno si possono trovare soluzioni.
Sono passati 3 mesi e mezzo, ma sembrano 3 anni. Come hai vissuto l’impatto dell’emergenza Covid nel tuo lavoro?
All’inizio ero fiducioso che sarebbe stato un problema che ci saremmo tolti di mezzo in un mese al massimo. Quando ho capito che non era così ho deciso di fermare i 4 tour che avevo programmato, alcuni appena partiti, vedendo così andare in fumo mesi di lavoro. Ho scelto di annullare, piuttosto che ricalendarizzare perché non volevo dare false speranze ai ragazzi con cui collaboro. Recupereremo appena ci sarà modo, e so che è un rischio perché magari poi non ci saranno più date disponibili, ma ho preferito questo approccio. Nelle primissime settimane ho deciso di staccare la spina per disintossicarmi, non avevo mai staccato in questi anni, così mi sono preso un mese di pausa, una fase detox. Mi sono detto che dopo un mese e mezzo avrei avuto la mente lucida per trovare qualche soluzione per tornare a lavorare in modo alternativo. Nel corso delle settimane, insieme ad altri collaboratori concorrenti, abbiamo pensato a una piattaforma di concerti in streaming a pagamento, che è ancora in fase di sviluppo. Con Venerus si è visto che questo approccio ha dato buoni frutti, e che è un’idea a cui hanno pensato anche altri. Il problema di base è riuscire a far quadrare tutto. A parole è semplice, nei fatti un po’ meno.
In cosa consiste questa piattaforma?
Nella nostra mente è una piattaforma neutra che vada al di fuori di Vox, che coinvolga tutti i professionisti per una micro economia che permetta di far ripartire il tutto. Prima di far partire questa corrente di lavoro, però, stiamo studiando la giusta fattibilità e quanto il ritorno ai concerti vecchio stile sarà percorribile.
Pensi che lo streaming e i live vecchio stile possano essere affiancati?
Indubbiamente sì, ma dipende dal livello del concerto standard, e dalle normative che possono determinare la ripartenza nel corso dell’estate. Non sappiamo fino a che livello di organizzazione si può arrivare. E poi c’è il livello dello streaming che è a un punto 0 o poco più: un conto è ragionare su un singolo streaming, un altro è pensarlo su larga scala. Ci sono tutta una serie di dinamiche da capire a livello di fattibilità. All’estero si fa già lo streaming ai concerti, in Italia non ancora. Potrebbe essere un materiale esclusivo anche per i fan che acquistano l’album, è un contenuto che può aiutare l’artista ad avvicinarsi al suo pubblico: magari quando c’è il pre-save dell’album in uscita, si mette l’opzione per un live esclusivo in streaming. Sicuramente il concetto di base è una soluzione interessante, ma nel momento in cui si potrà tornare alle cose normali ci saranno delle valutazioni da fare. È un bambino appena nato che va fatto crescere.
Annullare tutte le date e non sapere quando ripartire. Hai pensato che fosse finito tutto o ha prevalso l’ottimismo?
La gente ha molta voglia di uscire, vedere concerti, per cui anche se c’è da aspettare so per certo che le persone verranno anche l’anno prossimo o fra sei mesi. Sono sempre stato ottimista e lo sono ancora oggi: ripartiamo.
Cosa ti aspetti dalla ripartenza? Come hai vissuto quella prima data chiusa degli Inude?
Gli Inude avrebbero dovuto suonare al Mercato Nuovo di Taranto il 4 aprile, ed è stata annullata. Ma ora quella data c’è, del tutto inaspettatamente. I ragazzi mi hanno detto che stanno ripartendo, il comune di Taranto sta dando il giusto supporto a patto che si rispettino le normative. Potrebbe essere il loro unico live, e volevano gli Inude. Siamo molto contenti, non solo di suonare, ma che si possa fare rispettando anche le normative. Fino ad ora al Mercato Nuovo hanno organizzato piccole serate, con servizio di consegna personalizzato, e sono andate bene. Penso di essere uno dei primi che riesce a riportare sul palco gli artisti e sapere di avere questo riscontro fa riflettere sul buon lavoro che fai, perché poi torna e ti fa capire che ne vale la pena. Si va verso concerti a capienza ridotta, e per questo proponiamo il set in acustico, ma rende comunque la situazione intima. Secondo me funzionerà molto bene e aiuta le persone a riabituarsi. Non sarebbe stato giusto andare in un locale e sparare un concerto a tutto volume per persone che hanno passato mesi nelle 4 mura di casa. Dobbiamo riabituarci con calma, è la strada giusta.
Sono d’accordo, ma ho un dubbio: come sta rispondendo il territorio? Credi che ci saranno tante realtà che spariranno?
Sullo sparire delle realtà credo che le grandi realtà avranno molte difficoltà. Dovranno reinventarsi e chi ha la possibilità di trasformarsi, in modo anche temporaneo, si sta facendo sentire. Ci sono situazioni importanti che sono sempre state abituate a muovere tante persone che faranno fatica a farlo. Molti promoter hanno deciso di fermarsi, per questo ci potrebbe essere una grossa opportunità per chi naviga nella fascia piccola. Si possono fare cose piccole, anche itineranti, con una nuova formula. Qualcuno si è già fatto avanti ma sono sicuro che lo faranno anche altri. Temo però che alcuni locali chiuderanno del tutto, perché tra i conti da pagare, e la chiusura forzata, non hanno avuto la possibilità di coprire le spese, non avendo avuto aiuti concreti dal governo. Serviranno nuovi investitori per poter riaprire per la nuova stagione: spero comunque che nei club si potrà ripartire in una situazione normale.
Quali sono gli errori da non ripetere in futuro per evitare di ritrovarsi in una situazione del genere?
La cosa che più mi rattrista è che in un’emergenza così estesa devi avere il tempo per pensare ai piani per tutti i settori. Mi sarei aspettato che dopo uno o due mesi a qualcuno si accendesse la lampadina per sistemare le cose lasciate in sospeso. Non è stato fatto, e nessuno ai piani alti si è mai rapportato con le grandi agenzie di booking per discutere alternative logiche e giuste, che sono molto più semplici da realizzare di tante altre realtà economiche del nostro paese. Oggi andare a un concerto sarebbe molto più semplice che andare a lavorare in fabbrica, per esempio. Penso a un numero speciale per fare ordinazioni, con il tuo posto prenotato, numerato. Un po’ come si fa nei drive in, dove hai il tuo posto, e ordini. Sono stato sostenitore del progetto drive in ma poi mi sono ricreduto per costi, mantenimento, inquinamento e resa del live. Non era sostenibile. In questo momento ci sono comunque molti meno rischi, con un pubblico educato che rispetta quello che viene chiesto. È una provocazione, vero, ma con pochi accorgimenti giusti sarebbe tutto più sostenibile e fattibile e torneremmo a lavorare e se anche per X persone non esistiamo, molti altri non si porrebbero più la domanda su come sopravvivere. Spero che le associazioni di categoria possano far capire questo aspetto. I festival possono essere veicoli culturali, che sensabilizzano anche in ottica di anti contagio. Non siamo potenziali focolai, se si rispettano gli accorgimenti. Quando la filiera torna a funzionare girano le economie.
Meglio un unico concerto sold out da più di mille persone o la certezza di un tour di dieci date ma con capienza ridotta sotto le 100 persone?
Tour di dieci date tutta la vita. Io credo che se dobbiamo prendere in esempio il pericolo di contagio, hai lo stesso margine tra un concerto sold out e 10 date. In un concerto da 1000 ne basta uno per infettarne mille e via a scala. Il contagio è imprevedibile, se deve succedere succede ma il tornare a godersi il viaggio on the road è impagabile rispetto a un solo grande evento. L’importante è l’educazione delle persone coinvolte e il rispetto delle regole.