Home > RECENSIONI > «PALAZZINE»: FORSE SEGUIRE LA MODA È PIÙ FACILE CHE CREARLA

«PALAZZINE»: FORSE SEGUIRE LA MODA È PIÙ FACILE CHE CREARLA

Qualche giorno fa Marracash, Coez e il misterioso Kid Vicious hanno pubblicato il singolo Palazzine, pezzo rap sopra una base dance/house che ci spinge a delle riflessioni sullo stato di questo genere in Italia

Forse è un problema mio, forse è un retaggio rimasto da anni di ascolto di rap e black music da ragazzino, forse sto solo invecchiando. Fatto sta che secondo me è molto importante la coerenza. Sì, anche nella musica. Mi spiego meglio: non intendo dire che un artista non debba mai cambiare o sperimentare, ci mancherebbe. Però basterebbe avesse la consapevolezza di quello che rappresenta o ha rappresentato e si rendesse conto di avere uno status che gli consenta anche di settare nuovi trend e non omologarsi.

Faccio un esempio concreto per chiarire: in USA nel 2017 – anno in cui stavano andando forte i Migos col loro Culture, Lil Uzi Vert stava diventando una realtà e in generale era iniziata l’ascesa della nuova scena –Jay-Z rilascia il suo album 4:44, un lavoro totalmente distante dalle tendenze del momento, molto più di basso profilo e minimale se vogliamo, pregno di introspezione e temi anche a carattere politico. Tutto questo perché lui è Jay-Z, uno dei padri di questo genere e a quasi 50 anni e al suo tredicesimo album è ben consapevole di chi è e non deve dimostrare nulla o rincorrere nessuna tendenza. Ecco. L’anno dopo, in Italia Guè Pequeno, uno che è sicuramente un padrino di questo genere nel nostro paese e ancora oggi insegna come si fa questa roba, se ne esce con un disco come Sinatra dove si adagia passivamente  su tutta la nuova scuola trap italiana e a 40 anni si trova a cantare ritornelli come «Tu chiamami sul Trap Phone, IO ME LO PORTO A SCUOLA». Ci siamo capiti, ora.

Sinceramente trovo abbastanza ridicolo che da noi, ogni volta che arriva un nuovo talento (o cialtrone, dipende) che porta una nuova tendenza, bella o brutta che sia, tutti quanti dai veterani ai più giovani subito saltano sul carrozzone, evidentemente per paura di essere messi da parte da una nuova ondata di ragazzini. Il risultato di tutto questo la maggior parte delle volte è una saturazione immediata della nuova tendenza di turno e la creazione di un’omologazione generale a livello di stile. Mentre gli ascoltatori, che vanno ormai per i 30 anni, si trovano ad ascoltare i loro artisti preferiti che fanno musica per piacere ai quindicenni. Facendo provare un leggero imbarazzo.

Perché sto dicendo tutto questo? Siamo nell’anno 2020, la nuova hit che spopola è Bando della giovanissima Anna – pezzo sì rap,ma sopra un beat dalle forti tendenze house e dance. Ci sta, tutto regolare. Il pezzo piace, nulla da dire e potrebbe concludersi tutto qui nel migliore dei modi. Invece sbuca dal nulla Salmo, reduce dal singolo Boogieman con Ghali (anch’esso dalle forti influenze house anni’90) e si mette a dire che la nuova tendenza da seguire è il rap sulla dance e sarà il futuro, andando quindi a dimenticarsi dell’esistenza dei Two Fingerz, di Fedez e di tutti quegli anni (circa dal 2012 al 2014, più o meno) in cui se eri un rapper ed eri in una major almeno un singolo mezzo dance dovevi piazzarlo. Un periodo, col senno di poi, abbastanza orribile che dal 2016 con XDVR di Sfera Ebbasta pensavamo di essercelo tolto dai coglioni. Per concludere, Salmo ne approfitta anche per ricordarci che il rap sull’house dance l’ha portato lui prima di tutti (come al solito…) esattamente come il rap sulla dubstep – altra wave che, a parte generare un’annata in cui tutti rappavano sullo stesso beat brutto simil Skrillex (quindi nemmeno dubstep pura), non mi pare abbia avuto chissà quale seguito. Fatto sta che tutti decidono che ha ragione e chiaramente tutti vogliono rappare sulla dance e Shiva rifà paro paro I’m Blue degli Eiffel 65 perché sì.

Palazzine
@iamkidvicious on Instagram

Arriviamo al 26 Maggio: Marracash e Coez sui loro rispettivi profili Instagram iniziano a taggare tale Kid Vicious, misterioso personaggio dall’identità ignota perché si sentiva la mancanza di un marketing in stile Liberato (ma con meno immaginario visivo intorno). Vabbè, fatto sta che annunciano un singolo dal titolo Palazzine in cui sono presenti tutti e tre gli artisti citati. Attendiamo la mezzanotte et voilà, altro pezzo dance/house con del rap sopra.

Ora, ragioniamo: Marracash è un artista che vanta un curriculum di tutto rispetto nel rap italiano (probabilmente il migliore, anzi), è reduce da un disco come Persona che – pur non essendo perfetto – ha riportato l’attenzione sul rap fatto bene e perciò ha ottenuto risultati enormi anche a livello di numeri (a dimostrazione che, se sei un veterano che si è costruito una credibilità artistica, anche in Italia puoi permetterti di fare quello che vuoi e comunque vincere). Uno che negli anni in cui ci fu la prima ondata di pezzi dance/rap prese posizione fortemente contro e si fece promotore di riportare il rap nella giusta direzione (in quel periodo rilasciò Status, tra i suoi capolavori). E ce lo ritroviamo a fare Palazzine. Che per carità, lui a rappare è sempre un fenomeno, nulla da dire. Ma ripeto: non capisco il perché di fare un pezzo del genere e, in generale, perché andare a tuffarsi nella moda del momento, quando potrebbe tranquillamente continuare a fare il suo, migliorandosi certamente ma senza perdere la propria strada.

Poi magari questo singolo è solo un cazzeggio e tutto quello che ho scritto è solo un rant nosense di un fan inacidito (spoiler: lo è). Tuttavia notoche la tendenza è sempre questa e la gente ha memoria corta: facciamo il rap, arriva uno che lo fa diverso, che bomba imitiamolo, dopo una stagione “Ok raga abbiamo fatto una cazzata torniamo a fare quello che facevamo prima”. Magari si tratta solo di essere meno banderuole ed essere convinti della propria musica. O per caso non vogliamo ammettere che l’algoritmo di Spotify è più importante della coerenza?