5 anni fa, il 26 maggio 2015 usciva il disco della consacrazione di Asap Rocky: At. Long. Last. ASAP. 5 come le dita che ci ha lasciato ben stampate sulla faccia. Nato sotto la buona stella di Drake, del quale ha aperto concerti negli Stati Uniti e dopo l’uscita del mixtape Long. Live. ASAP, il disco è stata l’occasione giusta per mostrare al mondo la sua idea di musica.
Il mondo mainstream era pronto a tutto questo? Probabilmente no, ma anche quando non si è pronti ai cambiamenti, questi arrivano lo stesso.
Perché questo deve essere chiaro, prima di ogni racconto: quello che chiunque deve apprezzare di Asap Rocky, pur non amandone le canzoni, è la sua conoscenza della musica. Una conoscenza che lo ha portato a sperimentare qualsiasi cosa. Oltreoceano non si parla di trap, ma di rap alternativo. Un’affermazione esagerata probabilmente – e condivido anch’io questo – tuttavia è piuttosto esplicativa del personaggio.
Sogni, incubi, effetti degli stupefacenti. Immagini, scenari e ricordi splatter del suo vissuto si traducono in musica, strofe e rime. Uno dei marchi di fabbrica di Asap, enfatizzato bene in At. Long. Last. ASAP sono i continui cambi di ritmo. Si passa bruscamente e inaspettatamente dalla canzone suol e r’n’b, a batterie elettroniche che ricordano un rap d’altri tempi, magari non degli anni ’90 ma sicuramente non recente, fino alla più attuale trap. Effetti sonori che in alcuni passi rendono tutto molto cinematografico: a volte l’eco di alcuni cori sembra un urlo dopo uno sparo o la ripresa di conoscenza da un’incidente.
Certo, tutto reso eclatante dalla presenza di Future, Lil Wayne e Rod Steward ma credo che il surplus dell’album venga tirato fuori dalla componente dark/hardcore che c’è in questo disco. Dall’atmosfera cupa e nera delle chitarre, dall’estro eclettico di Miguel, dalle tastiere e dalle voci di Joe Fox, Schoolboy Q e BONES.
Quante porte del cervello e quanti cassetti della memoria sono stati aperti. Ancora oggi, dopo ascolti e ri-ascolti non sono mai stati chiusi. Si parlava di sesso o di LSD? Voglia di morire o voglia di fare festa? Ansia per quello che succederà oppure siamo forti, invincibili e immortali? Dobbiamo continuare a giocare anche se sono cambiate le regole?
Non lo so, so solo che faccio parte anch’io di questa generazione maledetta, scopata dalla società.