Solitamente quando mi trovo a dover parlare di un disco o di un artista, cerco di introdurre un concetto più astratto a cui collegare il discorso sulla qualità del prodotto o sulla personalità dell’artista, a seconda dei casi. Ecco, per parlare del nuovo disco di Future, High Off Life, non so bene da dove iniziare: si potrebbe parlare sia di quanto sia difficile mantenere una costanza qualitativa dopo una mole impressionante di uscite in poco tempo (e quindi il solito discorso trito e ritrito “meglio la quantità o la qualità”) oppure discutere quanto sia difficile ritornare in pista per un artista che ha dominato (perché di questo si tratta) gli anni precedenti, mentre ora deve affrontare una nuova generazione di artisti agguerriti e nuove dinamiche del mercato. Entrambi gli argomenti si prestano molto bene in questo caso.
Torniamo un attimo indietro nel tempo, prima di parlare davvero di High Off Life. Nayvadius Wilburn, in arte Future, esordisce nel 2012 (esclusi svariati mixtape) con il suo primo album Pluto a cui segue, due anni dopo, Honest: due dischi, col senno di poi, non propriamente entusiasmanti seppur con qualche pregio e traccia di livello (Tony Montana, Move That Dope), ma che non lasciavano presagire il salto di qualità che avrebbe compiuto gli anni a venire. Ora qualcuno dirà che il merito è stato esclusivamente della rottura con la sua fidanzata dell’epoca, la cantante Ciara, e probabilmente ha ragione; ma non mi va di darlo per certo che non voglio essere promotore di quell’idea per cui gli artisti devono obbligatoriamente soffrire come animali per produrre ottima musica, non è carino. Fatto sta che qualcosa in Future scatta e quindi rilascia una sequela di mixtape che oggi sono di culto tra gli ascoltatori (Monster, Beast Mode, 56 Nights, Purple Reign… di recente sono stati messi tutti in streaming, andate ad ascoltarli se non l’avete mai fatto), fa uscire un acclamato disco assieme a Drake (What A Time To Be Alive), raggiunge l’apice con il suo disco più acclamato e di maggior successo DS2. La gente impazzisce, Future diventa il campione del popolo. Il tutto si conclude con l’ottimo Evol. Forse non è questo l’ordine giusto di come sono andate le cose ma non importa, quel periodo fu un delirio stupendo e lo ricordo commosso.
Fondamentalmente, in questa escalation Future era riuscito ad affermarsi come un caposaldo e un “padre” della trap, portando a livelli mainstream un immaginario fortissimo (che poi copieranno in tanti…. Codeina, lean, quelle cose là ci siamo capiti), trovando il giusto equilibrio tra banger mega street e crudi e pezzi che potessero arrivare anche al grande pubblico (il problema, invece, di un disco come Honest era invece l’essere troppo orientato a questi ultimi; tra questo e DS2 c’è un abisso, infatti) e soprattutto la sua innata capacità di farti sentire sulla pelle le emozioni e la sofferenza che voleva trasmetterti, grazie al suo uso del tutto unico dell’auto-tune. Future era diventato a tutti gli effetti una star.
E poi che è successo? Come ho detto, considero Evol come il disco che segna la fine del suo periodo d’oro nell’anno 2016, opinione puramente personale. L’anno successivo Future rilascia non uno, ma ben due album FUTURE ed Hndrxx: il primo è molto in linea col solito Future e contiene la hit Mask Off, il secondo rappresenta il suo alter-ego Future Hendrix e contiene pezzi più radio-friendly ma a conti fatti non mi pare abbia lasciato qualche segno, per me perlomeno.
Tuttavia si inizia già a captare il segnale di qualcosa che non sta più funzionando. Tra vari altri lavori in collaborazione con Young Thug e il compianto Juice WRLD si arriva all’uscita di The WZRD (a cui seguirà l’ancor più dimenticabile EP SAVE ME) che mette in luce l’amara verità: la formula Future ha stufato. Ha stufato prima di tutto perché dopo una mole enorme di dischi è fisiologico non riuscire a trasmettere allo stesso modo ciò che riuscivi a trasmettere nei precedenti lavori, ma soprattutto perché qualcuno (forse il collega Drake, che spesso e volentieri fa la stessa cosa) deve aver detto al nostro Nayvadius che rilasciare doppi album o comunque tanti album da 20 tracce e oltre è un’idea stupenda. No, non lo è. Ora non voglio fare il giovane che se una traccia supera i 2 minuti si stufa, però razionalmente parlando a meno che tu non sia un artista particolarmente eclettico e poliedrico, fare dischi eccessivamente lunghi 90% delle volte è un’asciugata. Forse in un sistema governato dagli algoritmi di Spotify, rilasciare vagonate di album che sembrano playlist piene di pezzi che potenzialmente possono finire tutte in classifica è una strategia vincente, ma credo che altri ascoltatori la pensino come me.
E questo per dire che già vedendo la tracklist di High Off Life (ne iniziamo a parlare dopo 50 righe, ottimo) non è che partissi con i migliori pronostici. 21 tracce, una delle quali il remix del singolo Life Is Good con Drake (singolo di successo che ha permesso il disco di essere certificato oro il giorno stesso dell’uscita), una decina di collaborazioni/featuring tutti altisonanti (il già citato Drake, Travis Scott, Meek Mill, Lil Baby per dirne alcuni). Ci sono tutti gli ingredienti per fare un monumentale disco di successo, però ecco come si dice a volte…. anche meno.
Oggettivamente il disco poteva fermarsi, tipo, a 13 tracce e sarebbe stato un disco comunque valido, forse addirittura più godibile. Non trovo poi il senso di chiamare Travis Scott per poi fare il “pezzo random dove c’è Travis Scott come featuring” se non per attirare l’attenzione col nome altisonante; per fortuna invece partecipazioni come quelle di Young Thug, Lil Durk, NBA Youngboy e Meek Mill si dimostrano all’altezza del compito. Non fraintendetemi, non troviamo pezzi brutti o da buttare: singolarmente ogni canzone si lascia ascoltare più che volentieri, anzi una traccia come Too Comfortable può essere considerata a tutti gli effetti un pezzo figo di Future. Il problema è che come spesso accade ci troviamo di fronte a un prodotto bello gonfiato e impacchettato dove però è meno percepito il lato più sentito, sofferente e caotico di Future, quello che ha reso grandi lavori precedenti come Monster e DS2. Fosse stato diluito il tutto in modo diverso, con meno tracce e più variazioni di mood, probabilmente parlerei di questo disco in tutt’altro modo ma forse non sarebbe stato possibile, e forse è sia fisiologico sia giusto: Future ormai è una star acclamata in tutto il mondo, ha ottenuto un sacco di risultati, sta bene e non ha più nulla da dimostrare e High Off Life lo specchio di tutto ciò, il disco del traguardo.
Ed è giusto che sia così alla fine, tuttavia sarebbe più che apprezzabile vedere artisti di un certo livello che riprovano a mettersi in gioco e uscire dalla zona di comfort, sono certo gioverebbe a tanti. Alla musica per dirne una.
Commenti
Una risposta a “CON «HIGH OFF LIFE» FUTURE AVREBBE POTUTO OSARE DI PIÙ”
[…] Una conoscenza che lo ha portato a sperimentare qualsiasi cosa. Oltreoceano non si parla di trap, ma di rap alternativo. Un’affermazione esagerata probabilmente – e condivido anch’io questo – […]