Chi è Germanò? In breve, Alex è un ragazzo di Roma, Trastevere, il cui esordio musicale è datato 2008, quando suonava il basso con i Jaqueris. Ha fondato nel 2012 l’art rock band Alpinismo. A seguito del suo trasferimento a Milano esce il suo primo disco solista, nel 2017, Per cercare il ritmo, per Bomba Dischi/Universal; un lavoro accolto positivamente sia dalla critica che dal pubblico. Dopo il tour che si conclude nel 2019, Alex lavora al suo secondo album pubblicato il 10 aprile 2020, sempre per Bomba Dischi. Si tratta dell’album Piramidi, in piena pandemia virale, un bel segnale propositivo per tutti. Lo abbiamo intervistato in merito e ne è emersa una fotografia sull’attuale Alex Germanò.
Ciao Alex! Prima di tutto come stai? Sei riuscito a portare avanti qualche progetto in questa difficile situazione della fase due?
Ciao Lorenzo, diciamo che potrebbe andare meglio, non sono neppure uscito. È praticamente uguale alla fase uno. Vedo sempre le stesse persone e vivo allo stesso modo. Credo comunque che non scriverei mai un pezzo sul Coronavirus; parlerei piuttosto di quello che hanno provato le persone. Non mi interessa menzionare immagini o attualità così tanto per fare. Preferisco di gran lunga scrivere qualcosa che tra qualche anno io stesso possa risentire senza perderne il senso. Quanto al portare avanti dei progetti in verità, sono in un momento un po’ grigio per la mia creatività. Non voglio forzarla, mi do il mio tempo.
Immagino, per me è lo stesso. Partiamo parlando del tuo disco: cosa ci racconta Piramidi dal tuo punto di vista e che differenze ci sono rispetto a Per cercare il ritmo?
Ho messo da una parte i miei fatti personali, cercando di raccontare quanto vedo intorno a me e quello che mi fa provare ciò che mi circonda. Ho scelto una posizione da osservatore piuttosto che il mettermi a nudo. Non è un concept album, i brani in comune hanno lo stesso approccio alla produzione e un periodo condiviso durante la loro stesura, però solamente a disco finito ho trovato il filo conduttore.
Viste le immagini e le suggestioni che Piramidi nel suo insieme ci descrive, possiamo dire che il filo conduttore sia la socialità?
Sì, sicuramente. La socialità è un tema, da sempre, di cui mi è facile parlare. In realtà, mi risulta facile parlare di quasi tutte le relazioni umane, attraverso la musica. Credo di dare loro molto valore, è una cosa troppo importante per non insistervi. Ti direi, confermando quanto mi dici, che Piramidi è un disco che racconta le interazioni in generale.
È palpabile l’importanza che dai a tutto questo nel disco, ma immagino che un qualche peso in tal senso sia venuto anche dal tuo trasferimento da Roma a Milano. Immagino che la tua vita relazionale sarà cambiata e non poco…
Puoi dirlo… In realtà, venendo a Milano, ho iniziato a preoccuparmi meno delle mie ambizioni, non ho più i crucci di prima – di Roma – e non devo più sforzarmi di capire qual è la mia strada.
Dunque, anche con te stesso sono cambiate molte cose con il trasferimento a Milano… Cos’è mutato in Alex?
In effetti, tutto questo mi ha permesso di concentrarmi sulle relazioni. Dall’altra parte è divenuto vitale, per me, parlare della solitudine. È un tema trito e ritrito e se vuoi abbastanza banale, ma secondo il mio punto di vista è super attuale. Qualcosa che ci viene restituito molto dal periodo in cui viviamo, tra incertezze e digitale. Sono sicuro che sia un tema in cui si possono ritrovare davvero tutti. La pandemia odierna ha solamente ricalcato un solco che già era stato tracciato.
Avendo lavorato sia a Roma che a Milano, permettimi di insistere su questo, che differenze hai riscontrato? Anche da un punto di vista degli stimoli esterni.
Per quanto riguarda Milano, devo dire che è la professionalità con cui si lavora a fare la differenza. Prendere le cose diversamente da come ho fatto a Roma è praticamente scontato. Se parli con un produttore c’è tutto un modo di lavorare diverso, un’altra progettualità tutta milanese. Anche le opportunità di crescita sono altre. Magari fai esercizio di scrittura con Dario Faini, oppure puoi avere a che fare con Zanca o con Petrella, ogni occasione ti permette, indubbiamente, una crescita personale. E ricadute immediate o quasi. E poi il clima musicale romano e milanese è ben diverso…
Ma qual è ciò che più differenzia il mondo musicale nelle due città e, vivendo e lavorando a Milano, che cosa ti manca di Roma?
Nel mondo dell’underground sinceramente mi manca un po’ Roma, per quanto ami Milano. Mi mancano soprattutto i locali romani e quella strana situazione che vi si crea. Quando stavo là si dava spazio all’amatore puro, al non professionismo, ad altro ancora. Per farti capire, sono stato a serate dove si faceva musica solo con il nintendo Switch. È come se ci fossero molti più Macao in giro. In definitiva direi che a Milano si fanno più dischi e si è più ambiziosi, invece a Roma si suona di più. In ogni caso, Roma, offre un’atmosfera unica al mondo.
Cambiamo argomento, ma restiamo nell’ambito della stesura e scrittura dei pezzi. Hai una grande passione per Battiato, ad oggi il retaggio più importante del Maestro qual è a tuo parere?
Secondo me è un merito condiviso tra lui e Sgalambro (il paroliere di Battiato che collaborò con lui dal 1993 sino al 2014). Il riuscire a scrivere cose così assurde da rimanere impresse con tanta facilità nella tua mente è sicuramente il suo retaggio più profondo. Riesce a fare “pop” portando testi che non lo sono per nulla, tanto per fare un esempio: “Venezia mi ricorda istintivamente Istanbul, stessi palazzi addosso al mare, rossi tramonti che si perdono nel nulla”, fa sorridere, certo. Ma chiaramente ti sta dicendo altro: per fare “pop” non serve scrivere d’amore. Sono pochi quelli che riescono a non farlo in maniera corretta. Adesso potremmo fare riferimento a Billie Eilish, fa dischi di platino a gogò, ma metà delle sue canzoni non parlano d’amore. Questo mi interessa. Scrivere canzoni d’amore d’altra parte comporta non poche sfaccettature che in passato mi attiravano, ultimamente invece non mi stimola molto. Ho altri temi che mi interessano di più, al momento. Forse il clima attuale arricchisce la mia ricerca.
Hai detto spesso che hai composto Piramidi completamente da solo, vuoi spiegarci cosa intendi?
È un modo per far passare la cosa che rispetto al primo disco, che ho registrato completamente in saletta, questa volta ho proceduto diversamente. Mentre in Per cercare il ritmo avevo musicisti che facevano le loro parti, ripresi dal vivo, perché non doveva esserci divario tra il live e il disco. Dunque ho registrato proprio alla vecchia maniera, Piramidi, invece, è stato registrato in modo completamente differente. Avevo il controllo su tutto. Sono arrivato dal produttore che avevo tutti i tempi, i suoni eccetera. Fu una questione solo di ri-registrare alcune cose e poi altre sono cambiate lavorando con Matteo Cantaluppi.
Ecco che mi hai preceduto, volevo proprio chiederti come sia stato lavorare con Cantaluppi che è decisamente un nome di spessore nella musica italiana.
Io mi sono trovato benissimo, mi ha aiutato molto sia dal punto di vista lavorativo che psicologico. Non ce l’avrei fatta senza di lui, mi ha sostenuto parecchio. Mi sta molto a cuore dire che sul suo conto si è sempre ricordato troppo che è stato il produttore dei Thegiornalisti, tanto è vero che tutto quello che tocca viene automaticamente ricollegato a loro anche se, magari, è una cosa completamente diversa. Matteo (Cantaluppi) ha prodotto il disco di Dimartino che io personalmente trovo bellissimo, o i FASK o Bugo. Ha una sensibilità per la musica italiana unica, questo l’ha sempre premiato e anche il suo modo di lavorare è inimitabile.
Visto che l’hai citata ti pongo questa domanda, che direzione sta prendendo la musica italiana?
Secondo me si tornerà a cercare nell’underground. La prima ondata c’è già stata anni fa e molte cose sono emerse, trasformando quello che, se vuoi, possiamo chiamare mainstream. Parallelamente tutti i vari ambienti musicali sopravviveranno, sopratutto quelli che assicurano determinati numeri. Dipende dal mercato, il nostro è molto piccolo. È davvero difficile anche provare a fare qualcosa di diverso. Il nostro pubblico è molto ridotto, le nuove proposte dovranno passare dalla sua approvazione. Vedremo quanto ci metteremo a dire qualcosa di veramente originale.
Tu fai anche l’autore per terzi (Emma Marrone). Ti va di raccontarci qual è il tuo approccio e quanto è diverso, se è diverso come immagino, in questo caso il tuo scrivere rispetto al progetto Germanò?
Sono, in effetti, cose completamente diverse, naturalmente. Devo dire che mi sto un po’ scontrando con questo sdoppiamento. Dal mio punto di vista devi avere l’amore per la canzone pop, devi conoscerla, per poter essere un autore. Da lì puoi capire cosa vorresti sentire ed è già un grande aiuto prima della stesura di un testo. Io non sono un autore che scrive dall’inizio alla fine un brano per pura estetica, credo di non saperlo fare! Non ci ho mai neppure provato, ad essere onesti. In ogni caso sussiste un’altra differenza tra ciò che scrivi per te e ciò che fai per altri. Non sono canzoni, queste ultime, dove metti qualcosa di tuo personale nero su bianco, però ti concentri su qualcosa con cui empatizzi e senti che altri possono fare lo stesso. Questa è la prima regola, la riassumerei così: essere universale, cercando di non essere banale.
Direi che è una risposta interessante, che promuove altre connessioni e curiosità che ti riguardano. Abbiamo parlato di musica italiana, ma tu sei anche australiano per metà. Quanto questo ha influenzato la tua musica?
Oddio bella domanda… Probabilmente non abbastanza, è un aspetto che dovrei sfruttare di più. Non ho capito ancora come e se potrebbe essere interessante per il mio progetto, almeno da un punto di vista di tematiche personali. Devo dirti che invece musicalmente è un altro paio di maniche. Sono molto legato a gruppi australiani, primi fra tutti i Tame Impala, li ho sempre ascoltati dal loro primo EP. Poi, chessò, i Pond o i Cut Copy ad esempio, sono tutti gruppi che ho davvero ascoltato tantissimo. Da loro ho preso certe batterie un po’ anni ’70 o alcuni suoni di basso e l’utilizzo del Juno.
Stai preparando un nuovo tour? Sul live come si è preparato Germanò?
Dunque, la formazione sul palco sarà più o meno la stessa del tour precedente, solo che questo giro il tastierista avrà l’onere di mandare le sequenze, probabilmente. Ci metterei un campionatore o un computer. All’inizio pensavo di suonare io il basso e dare la chitarra a qualcun altro. Abbiamo tante teorie a riguardo, ma ancora nulla di concreto. Staremo a vedere.
Cosa ascolta Alex in questo momento?
Ultimamente sto ascoltando molte più canzoni che dischi, se c’è un brano che mi colpisce particolarmente allora vado a cercarne la radice nel disco; cerco di capire cos’ha in comune tutto quell’album, qual è il suo tema. Ti posso dire che ascoltando canzoni più volte, anche a distanza di tempo, mi rendo conto di ascoltarle, di volta in volta, con orecchi diversi. Sono adesso più attento agli arrangiamenti, al modo di suonare, al suono… insomma ho l’orecchio più allenato. E sono immerso nella musica in termini nuovi.
Consigli per noi, nuovi ascolti da proporci?
Sono cresciuto collezionando dischi. Temo di aver appreso da lì l’idea che i pezzi contenuti nei singoli album dovessero avere tra di loro un’unità dal punto di vista di suono e da quello tematico. Questa è un po’ la mia idea attuale. Forse non sembra, ma anche in Piramidi c’è stato un gran lavoro in questo senso. Tutte le canzoni contenute sono parte della stessa cosa. Poi dipende, c’è chi fa tutto l’opposto. Quanto ai nuovi ascolti… guarda, io sono un grande fan della scena londinese, ti consiglio i Kero Kero Bonito, hanno fatto un disco incredibile solo con computer e mini korg, hanno tirato fuori dei suoni assurdi. Poi sto divorando l’ultimo album dei Destroyer, sono un grande fan di Dan Bejar. Ultimamente ascolto molta Raegge Music, per farti un nome Iseo and Dodosound. Te ne consiglio davvero l’ascolto, anche perché tutta la zona Londra Sud è piena di queste contaminazioni Raegge, basta vedere Cosmo Pyke.
Alex sei stato molto disponibile, ti ringrazio anche a nome dei nostri lettori.
Grazie a te, ciao!
A presto.