Il 24 aprile 2020 Ghemon ha pubblicato il suo sesto album ufficiale, Scritto Nelle Stelle: come sempre Gianluca si mette a nudo mostrandoci l’anima
C’era una volta un cunicolo che è stato arredato dopo un incubo, quando l’uomo che lo abitava ha imparato a rilassarsi nel panico. Non che non gli credessimo, anzi. Nei suoi album Ghemon dice sempre la verità e quando cantava Mezzanotte, era trasparentemente onesto nella sua dichiarazione di uscita dal buio. Ghemon di solito fa così: prende Gianluca, lo sdraia su un tavolo operatorio con i fari puntati e come un chirurgo estrae cuore, fegato e polmoni, pezzo dopo pezzo svuota un corpo per lasciarne solo l’anima, spoglia alla mercé del pubblico sguardo e giudizio.
Così nel suo ultimo diario di bordo annunciava che la tempesta e gli acquazzoni erano passati e che la testa fuori dall’acqua l’aveva messa per davvero. Negli spazi tra le lettere, però, sgomitava una rivalsa prepotente: ogni rigo era permeato dalla frustrazione per le vele squarciate, le folate di vento e gli sballottamenti della chiglia. Poi sono arrivate le rose viola, la canzone italiana e il pubblico della Rai, i capelli biondi sono spariti e dal solito silenzio creativo è uscito un nuovo disco, anticipato da due tracce, Questioni di principio e In Un Certo Qual Modo. L’imperfezione, il setaccio degli errori al microscopio, lui e gli altri, i difetti, la voglia di un futuro felice, la stronza e l’amore per chi gli permette sognare ad alta voce: Ghemon c’è. E allora cos’è cambiato rispetto a prima?
La copertina del disco è invasa da un sorriso, l’album è un po’ made in Italy e un po’ black che ti accompagna mentre macini chilometri sull’asfalto e quando aspetti il sonno e nel tempo in cui ti chiedi dove ti sta portando capisci che la cosa più bella di Scritto Nelle Stelle è quella che manca. Il rapper avellinese non corre più su una biga da combattimento trainata da rabbia e ansia; Ghemon cammina per la sua strada e se le porta a braccetto. Le accoglie, le accetta, le mette in mostra con la maturità di chi sa che se alcune buche si evitano, altre si attraversano sneakers nel fango e va bene così.
In Scritto Nelle Stelle Ghemon ha rimesso i pezzi al loro posto e va avanti con la pace dell’uomo in cima al grattacielo che può godersi la vastità della città perché si è preso le vertigini in spalla e ha abbracciato l’altezza. E allora ecco che quelle di Champagne sono frecce liberatorie e non deflagranti granate difensive; che la consapevolezza di non poter avere tutto sotto controllo trasforma Buona Stella nel manifesto della fiducia nell’imprevedibilità del cielo; che tra le voci amiche di Inguaribile e Romantico ci sono anche i giudizi che a volte ripianano tutto. Gianluca scrive ciò che ognuno di noi dovrebbe avere il coraggio di dirsi per fare il cambio di passo, perché si può stare bene anche con i problemi ed i giudizi (in fondo, «senza difficoltà che gusto c’è?»).
Ghemon ci ha lavorato su e l’ha capito e condivide le sue scoperte rimando e mescolando l’elettronico e il pop, il soul e l’R’n ‘B che in Italia molti ascoltano e pochi sanno fare. Ma se il sound non sorprende, è la ricongiunzione fra l’anima di Ghemon e le spoglie di Gianluca che piace, convince e – sì – emoziona. Perché Scritto Nelle Stelle non è l’ennesimo momento con noi stessi che Ghemon sa regalare. È la risposta che, con trepidazione, tutti attendevano. Come sta Ghemon? Niente più fatica, un’aggiustata al sorriso. Ghemon sta bene. E si sente.
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