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«DARK BOYS CLUB»: TORNARE INDIETRO NON È UNA BUONA IDEA

La Dark Polo Gang l’8 maggio ha pubblicato Dark Boys Club, il mixtape del ritorno alle origini

Da un po’ di anni a questa parte ha ormai preso sempre più piede un costante effetto nostalgia che coinvolge vari ambiti sociali e culturali, tra i quali non può mancare anche la sfera musicale e discografica.
Non è certo una novità sentire fan rimpiangere i bei tempi andati, gli anni d’oro del rock, la golden age del rap, gli anni della techno, della dance, eccetera. È sempre stata una costante, è un processo normale e fisiologico con il ricambio generazionale degli ascoltatori.

In linea coi tempi frenetici che corrono, tuttavia, si è arrivati a sentire la mancanza non tanto di decadi ormai lontane, ma anche di annate non troppo distanti temporalmente, giusto qualche anno fa. Ad esempio, di recente nell’ambiente rap/urban si parla tanto della nostalgia del 2016, considerato da molti l’anno dell’esplosione sia in Italia che oltreoceano della trap, con conseguente lancio di alcuni dischi iconici del filone. Alcuni artisti ci hanno marciato non poco in termini di marketing: basti pensare a Lil Uzi Vert che quest’anno ha rilasciato, oltre che il suo nuovo attesissimo album Eternal Atake, anche il seguito del suo acclamato mixtape del 2016 Lil Uzi Vs The World. Entrambi hanno chiaramente sfondato le classifiche.

In Italia questa tendenza è stata accolta in particolar modo dai tre membri della Dark Polo Gang, che ne hanno fatto la chiave per la promozione del loro nuovo lavoro, Dark Boys Club.

Torniamo un attimo indietro: a prescindere dai gusti e pareri, la DPG è stata una novità di rottura nel panorama rap, e non, ed indubbiamente il 2016 è stato il loro anno d’oro grazie all’uscita della trilogia, composta da Crack Musica di Tony Effe e Dark Side (oggi Side Baby), Succo di Zenzero di Wayne e infine The Dark Album di Pyrex; tre dischi ognuno con una personalità e uno stile preciso e, soprattutto, tutti molto spontanei.

I membri del crew sono usciti in un periodo in cui l’ambiente rap/urban non era ancora aperto a compromessi, avendo così la possibilità di portare un loro immaginario e fregarsene delle consuetudini; non importava che non chiudessero le rime, l’importante era fare banger (aiutati anche dalla stretta collaborazione con Sick Luke).

Da allora son passati quattro anni e le cose sono chiaramente cambiate: la DPG è diventato un fenomeno pop, Side se n’è andato ed i loro personaggi hanno forse superato la qualità e la sostanza musicale facendoli diventare dei trapper sopra le righe senza le atmosfere grezze e cupe che li avevano resi interessanti anni prima.

È per questo che a distanza di circa un anno dal loro esordio in major con Trap Lovers e varie collaborazioni sporadiche, ci troviamo di fronte all’uscita di Dark Boys Club che, per riprendere il filone e la continuità del 2016, viene presentato come mixtape anziché disco, per di più con una cover brutta per dare l’idea di dark e grezzo. Citando testualmente il comunicato stampa, con questo lavoro:

«La DPG torna alle origini, tra beat crudi e strofe dalla metrica affilata. Le sonorità delle nuove tracce riprendono le line della trap più street che lì ha contraddistinti e fatti conoscere nei primi anni della loro carriera proprio grazie a diversi mixtape.»

Prima di soffermarci a parlare del tape in sé, una piccola riflessione: ha senso giocare già la carta del “meglio prima” per una realtà tutto sommato così giovane? Non sarebbe meglio cercare di creare qualcosa di nuovo piuttosto che riprendere dal passato? Utilizzare questo espediente non è un modo velato di ammettere di essere a corto di idee nuove? Tutte queste domande sono forse un’inutile sega mentale per quella che, a conti fatti, è solo una mera mossa di marketing? Potrei già spoilerarvi la risposta, ma non è che ora sto scrivendo per il cazzo le prossime righe e qualcuno deve pur leggere, quindi proseguiamo.

Ascoltando Dark Boys Club faccio personalmente fatica a trovare traccia di quella spontaneità dei primi lavori. La cosa ha anche senso: fondamentalmente è impossibile dire “torniamo a fare quello che facevamo prima in modo naturale” perché nel momento stesso in cui lo dici non è più naturale, è un controsenso. E difatti in questo mixtape troviamo la Dark Polo Gang edulcorata degli ultimi anni, quella che cerca di ridarsi un tono provando a rappare su sonorità spesso non così scure e grezze e che di fatto non riportano le atmosfere del 2016, se non in minima parte: non aggiungono nulla di nuovo, anzi a volte sembrano cercare di realizzare delle copie forzate di loro stessi. Capisco che si stiano esaurendo le similitudini, ma Tony che dice «Oro giallo al collo sembra piscio» [Amiri Boys] è troppo trash e no sense addirittura per loro.


Ci sono chiaramente anche note positive: Free Traffik è l’unica traccia che restituisce la Dark Polo Gang delle origini, non smussata dal sistema e dal mercato discografico. Ciò è confermato dal featuring di Traffik (che chiaramente sarà una vecchia strofa) e di Oni One che, tralasciando le loro abilità, sono sicuramente le collaborazioni più “punk di questo lavoro. 4L, invece, è un valido banger da club che vede la partecipazione di Tony e Mambolosco, entrambi particolarmente in forma.

Siccome ne abbiamo già citate tre, tocca parlare delle altre collaborazioni al microfono che, essendo parecchie, hanno un peso notevole all’interno di questo lavoro. Alcune finiscono chiaramente per sovrastare i padroni di casa, vedi in particolare Lazza in Pussy che si aggiudica una delle migliori strofe di tutto il mixtape in compagnia di Salmo che si limita a fare il suo, ma è sufficiente. Ketama126, invece, si prende praticamente tutta la traccia Dark Love Gang, rendendolo un pezzo, a livello di atmosfere, più nelle sue corde che in quelle della gang di Rione Monti; Pyrex, tuttavia, dimostra spiccate doti di versatilità (in questo pezzo ed, in generale, in tutte le tracce) e riesce a tenere tranquillamente banco.

Sorprende Drefgold in Biberon, che vede anche la partecipazione dell’esordiente Anna (quella di Bando) alla sua prima strofa ufficiale dopo la sua hit e che, bisogna ammetterlo, non sfigura: si concede una barra tipo “portate rispetto che siete miei figli”, che vabbè, gliela concediamo perché è giovane. Tutti gli altri featuring non citati semplicemente non aggiungono nulla alla sostanza di Dark Boys Club, né in positivo né negativo.

A conti fatti, com’è questo mixtape? Chiaramente è ben lontano dal riportare i fasti del passato, tuttavia si posiziona nettamente sopra a dischi come Twins e Trap Lovers, essendo sicuramente più coerente con quello che era il loro immaginario. Questo giochino, tuttavia, ha funzionato una volta ma non funzionerà una prossima: per il futuro sarebbe magari preferibile cercare di portare qualcosa di nuovo, cercando di mantenere un repertorio uniforme e trovando il giusto compromesso.
In alternativa, sarebbe interessante e curioso sentire un nuovo album solista di Pyrex, chissà.